Rapina violenta in casa a Cavallino, nove anni e mezzo all’autista della banda

Condannato Sandro Levak: la pm aveva chiesto 17 anni. Il suo avvocato annuncia ricorso: «È una enormità». Nei giorni scorsi per lo stesso colpo era stato arrestato Radames Major, ex Mala del Brenta

Roberta de Rossi
La rapina è avvenuta a febbraio dell’anno scorso a Ca’ Ballarin
La rapina è avvenuta a febbraio dell’anno scorso a Ca’ Ballarin

Nove anni e mezzo di reclusione: a tanto lunedì 3 febbraio la giudice per le udienze Rosa Maria Barbieri ha condannato Sandro Levak, l’uomo accusato di essere stato l’autista della banda della tentata, ma violenta, rapina ai danni della famiglia Biondo.

Al termine della sua requisitoria, la pubblico ministro Elisabetta Spigarelli aveva chiesto per l’uomo una condanna a 17 anni di carcere, pur tenendo conto della riduzione di un terzo della pena prevista dal rito abbreviato. «Un’enormità per una tentata rapina alla quale Levak ha partecipato solo come “mezzo” autista», commenta l’avvocato Mauro Serpico annunciando appello, «dal momento che ha portato i rapinatori a Cavallino Treporti, ma se ne è andato via subito».

È il primo punto fermo giudiziario (non quello definitivo, dato il ricorso già annunciato) in una vicenda di cronaca certamente violenta, che proprio nei giorni scorsi ha portato all’arresto di un altro dei presunti componenti della banda.

In realtà è stata una traccia di Dna a portare i carabinieri a casa di Radames Major, 71 anni, trevigiano: per la Procura di Venezia e il giudice per le indagini preliminari Benedetta Vitolo che ne ha firmato l’ordine di carcerazione, è lui ad aver sparato ad Alberto Biondo (colpendolo ad una gamba) nel corso della violenta rapina in casa, il 18 febbraio 2024.

Quel giorno la famiglia Biondo si era vista irrompere in salotto tre persone mascherate: volevano soldi, gioielli, cercavano una cassaforte. Ne era nata una colluttazione, con il figlio della coppia intervenuto in difesa dei genitori e della nonna di 80 anni: il giovane era stato per giorni in terapia intensiva, con la gamba trafitta da un colpo di pistola. Il padre era stato colpito alla testa, con il calcio dell’arma.

Poi i malviventi erano scappati senza riuscire a sottrarre nulla.

Pochi giorni dopo l’aggressione, era finito in carcere Sandro Levak: l’autista che aveva accompagnato tre complici fino a una rotonda lontana una cinquantina di metri dalla villetta della famiglia a Ca’ Ballarin. Le telecamere in zona avevano ripreso l’auto e gli investigatori erano arrivati a lui. Il 17 gennaio - guidati da quella traccia di Dna trovata nella villetta - i carabinieri della locale compagnia, con il supporto delle Squadre operative di supporto del 4° Battaglione Carabinieri “Veneto” di Mestre, si sono presentati a casa di Radames Major e l’hanno arrestato.

Durante l’interrogatorio di garanzia l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere e attenderà, per ora, in carcere l’evolversi dell’inchiesta.

«Due mesi fa è stato perquisito», aveva dichiarato nell’occasione l’avvocato difensore Giuseppe Crea, «sapeva dell’inchiesta, non c’è pericolo di fuga». Tanto che il legale ha già presentato ricorso al Tribunale della libertà, per chiedere che Major venga scarcerato. Il nome di “Mario l'egiziano”, già legato alla Mala del Brenta, è saltato fuori anche nell’inchiesta sulla Mala del Tronchetto, riorganizzata da vecchi ergastolani del Gruppo dei Mestrini affiliato allora a Felice Maniero, che tornati in libertà volevano riprendere le vecchie attività: controllo dei trasporti turistici, spaccio di droga, estorsioni. E vendicarsi di chi aveva collaborato con la giustizia: a partire da Maniero.

Paolo Pattarello si era rivolto a Radames Major per comprare dell’esplosivo, con il benestare di Gilberto Boatto. Ma nel frattempo Major era stato arrestato per alcuni bancomat fatti saltare in aria in Belgio.

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