Caso Sifa, la gestione passerà a Veritas
C’è già chi l’ha ribattezzato l’ultimo pacco regalo dell’era Galan. Con la Regione che scegliendo il male minore ha deciso di versarle 56 milioni di euro. Con due obiettivi: riportare Sifa (al 47% del gruppo Mantovani) in mani pubbliche e affidarla alla guida di Veritas, e liberarsi dell’articolo capestro della concessione che la vedeva obbligata a pagare il 95% della differenza fra quanto incassato per il trattamento dei fanghi e i volumi necessari per garantire il rispetto del piano economico.
Galan-Baita. Sifa è la società consortile nata nel 2005 - a Palazzo Balbi c’era Galan e alla Mantovani c’era Baita - per il disinquinamento dei fanghi e delle aree industriali attraverso la realizzazione del Pif (Progetto integrato Fusina) con un contratto di project financing, che dovrebbe vedere la società rientrare dell’investimento attraverso la gestione dello stesso Pif - fino al 2034 - per la depurazione dei fanghi e dei reflui industriali di Porto Marghera. Gli affari però per il mega depuratore di Fusina vanno male da subito, perché di fanghi dalle aziende ne arrivano pochi, essendocene sempre meno, e il bilancio della società comincia a fare acqua da tutte le parti, senza che nessuno riesca trovare nuove entrate. Tanto che proprio a causa di quell’articolo capestro, nei 25 anni della concessione, la Regione rischiava di trovarsi con una esposizione di 325 milioni di euro.
L’intesa. E non a caso Sifa negli ultimi tre anni aveva già cominciato a bussare alle porte di palazzo Balbi chiedendo il rispetto del contratto di concessione, e il versamento di 6 milioni l’anno, a partire dal 2013. Chiaro che - a questo ritmo - era impossibile andare avanti. Dopo alcuni mesi con i bicipiti in vista, sia da una parte che dall’altra, l’accordo è a un passo. La proposta presentata da Sifa, martedì scorso, è stata valutata positivamente dalla giunta regionale e dopo l’approvazione in consiglio regionale dell’emendamento per lo stanziamento dei 56 milioni a Sifa, ora la proposta transattiva è al vaglio del Nucleo per la valutazione investimenti (Nuv) della Regione, da dove poi tornerà in giunta per l’approvazione definitiva, forse già martedì. L’accordo prevede la transazione dei 56 milioni di euro, lo stralcio dell’articolo capestro dal contratto, la proroga della concessione fino al 2041.
La guida a Veritas. Ma soprattutto l’intesa permette di portare la gestione della Sifa in mani pubbliche, attraverso la stipula di un patto para-sociale che riduce i membri del consiglio di amministrazione da 5 a 3 e che affida il presidente a Veneto Acque (la società regionale oggi ha l’8,6% di Sifa), l’amministratore delegato a Veritas (30%) e il consigliere a Mantovani (47%). L’intesa prevede inoltre, in caso di uscita della Mantovani, l’obbligo di vendita delle quote ai soci pubblici. Nell’assemblea di oggi i soci di Sifa speravano di poter discutere della nuova governance stringendo nelle mani la delibera della giunta - che si è riunita ieri - ma ci vorrà ancora un po’ di pazienza. Sperando però di non dover aspettare l’anno nuovo.
I debiti di Sifa. Entro il 31 dicembre la società Sifa deve pagare debiti con il sistema bancario per oltre 53 milioni di euro, motivo per cui avrebbe bisogno di incassare i 57 milioni di euro quanto prima. Ma la società ha almeno altri 40 milioni di euro di debiti nei confronti di aziende e fornitori. La nuova governance di Sifa - se la giunta regionale valuterà la proposta positiva come ha fatto una settimana fa - si vedrà quindi a partire dal prossimo anno. Attraverso il trattamento dei reflui la Sifa conta di portare a casa 2 milioni di euro l’anno che, in virtù della proroga della concessione, permetterebbero di portare in ordine i conti della società consortile (in caso di fallimento rispondono anche i soci) guidata da chi di rifiuti, come Veritas, si occupa già di professione.
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