Casalesi, il pizzo speso a Venezia: tra escort, gioco d'azzardo e cene

Il clan della Camorra veniva in città con i soldi estorti agli operai della ricostruzione dell’Aquila. Grandi hotel e Casinò

VENEZIA. I soldi del pizzo dei Casalesi, spesi in alberghi, ristoranti e al Casinò di Venezia. Soldi che i camorristi chiedevano a 40 operai casertani impegnati nella ricostruzione dell’Aquila. Emerge dall’inchiesta della Procura Antimafia dell’Aquila e del Gico della Guardia di Finanza che due giorni fa ha arrestato sette tra imprenditori e loro collaboratori, legati ai Casalesi.

Gli operai della ricostruzione dell’Aquila pagavano il pizzo sullo stipendio. Era un’impresa legata al clan dei Casalesi a imporre lo sfruttamento in dieci cantieri della città terremotata. Metà del compenso, il trattamento di fine rapporto e i soldi della cassa edile passavano sul conto di quaranta manovali arruolati nel casertano, ma poi finivano nelle tasche di Alfonso Di Tella, imprenditore campano da anni residente all’Aquila ed esponente di spicco del gruppo di imprenditori legati a Michele Zagaria. E da lui alle casse della camorra.

Le riprese della Finanza al Casinò di Venezia.

Tre anni fa la Guardia di Finanza dell’Aquila raccoglie le prime voci sul fatto che qualcuno dice che Alfonso Di Tella, impegnato nella ricostruzione del dopo terremoto, abbia contatti con la camorra dei Casalesi. Tra le varie segnalazioni arrivate ai finanzieri una è più precisa delle altre: Di Tella va spesso a Venezia per giocare al casinò. I casinò hanno l’obbligo di filmare i clienti e di registrarne entrata e uscita. Ed così ch la Gdf scopre che Di Tella frequenta la casa da gioco e pure spesso. Gli inquirenti chiedono inoltre i nomi di chi entra nei minuti precedenti e poco dopo di lui e chi esce subito prima di lui, o poco dopo. E in quel momento scoprono che l’imprenditore frequenta uomini legati al clan dei Casalesi. Ieri il casinò in un comunicato stampa ha precisato: «Tutte le informazioni relative ai nomi riportati da alcuni organi di stampa, in merito alle frequentazioni dei personaggi citati, sono state fornite alla Guardia di Finanza dell’Aquila dal Casinò di Venezia nel settembre 2011, secondo le normative vigenti. Il personale di sala, che aveva le procure, ha sempre agito secondo le procedure previste».

Gli incontri al casinò di Venezia servono all’imprenditore per versare i soldi del pizzo imposto agli operai. Nei vertici attorno ai tavoli verdi passano di mano fiche che acquistate dall’imprenditore finiscono ai camorristi che cambiandole intascano il pizzo. E poi girano informazioni sulla ricostruzione di L’Aquila.

I finanzieri si presentano nel casinò, negli stessi giorni in cui Di Tella e gli altri siedono al tavolo verde, li filmano, li seguono, li pedinano mentre alloggiano in grani alberghi del centro storico e cenano in noti ristoranti di pesce in laguna. E poi le escort da mille euro la notte. E sempre alla faccia degli operai edili a cui la camorra imponeva il pizzo per poter continuare a lavorare.

Nella casa da gioco, a Ca’ Vendramin Calergi, Di Tella ha incontrato, fino a sei mesi fa, Aldo Nobis e Raffaele Parente, entrambi vicini al temibile clan di Casal dei Principi. In particolare Nobis è affiliato alla costola guidata da Michele Zagaria. Al telefono si vantavano di essere saliti a Venezia ben 300 volte.

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