Casa Bortoli e la “rivalità” con Paul Allen L’avvocato d’Elia: «Un’offesa alla città»

La sentenza del Tribunale ha chiuso la dimora del Fai e aperto le polemiche La storia dell’assegno in bianco rifiutato dall’imprenditore



Amara sorte, quella di Casa Bortoli, donata da Sergio Bortoli (scomparso nel 2017) al Fai affinché fosse trasformata in casa-museo e ora, di fatto, “chiusa” dal Tribunale al quale si era rivolta la famiglia di Paul Allen (morto nel 2018) per impedire il passaggio dei visitatori nel cortile di Palazzo Contarini Fasan.

Il destino dell’imprenditore veneziano e del cofondatore di Microsoft s’incrocia nuovamente ora che nessuno dei due è più su questa terra, così come era stato tenuto a distanza quando entrambi erano in vita. Desideroso di avere l’intero palazzo sul Canal Grande per sé, Paul Allen aveva fatto di tutto per comprare il primo piano nobile da Bortoli, inclusa l’offerta di un assegno (pare) in bianco che Bortoli non aveva nemmeno guardato, tanto amava la splendida casa che divideva con la moglie Carla.

All’indomani della sentenza del Tribunale che dà ragione agli eredi di Allen, l’avvocato Mario d’Elia, amico di Bortoli, che aveva seguito la pratica relativa alla destinazione museale di Casa Bortoli, parla di «offesa alla città».

«La sentenza infligge un duro colpo alla volontà di Bortoli - dice l’avvocato d’Elia - e sottrae una tipica casa veneziana del '900 non solo ai veneziani ma al mondo intero per una necessità personale e di carattere condominiale, una cosa inaudita».

Oggetto del contenzioso era il passaggio nel giardino dei visitatori del Fai, sebbene per soli cento giorni all’anno e a gruppi non superiori alle cinquanta persone per volta. Secondo il Tribunale, il Fai non può destinare l’appartamento dei coniugi Bortoli a casa-museo, perché si tratta di una destinazione non compatibile con il regolamento condominiale e con la servitù di passaggio che attraversa il cortile .

«I veneziani e il mondo culturale non solo veneziano devono insorgere e protestare a livello internazionale - continua l’avvocato d’Elia - non può un "foresto" impedire un uso culturale pubblico di un bene donato alla città di Venezia tramite la Fondazione Fai, la quale può benissimo rinunciare alla donazione e far subentrare la Fondazione Musei Civici come previsto nel testamento. La volontà testamentaria di un veneziano non può trovar ostacoli da parte di un "foresto" che utilizza la sua casa una settimana all'anno».

Quindi la richiesta alle autorità pubbliche veneziane affinché si attivino «per far si che la a volontà testamentaria di Bortoli sia attuata nell'interesse pubblico, non solo di Venezia, ma del mondo intero». —

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