Carte di credito clonate, sei arresti
Tutto girava attorno ad un cameriere che approfittando della disponibilità delle carte di credito dei clienti usate per pagare rubava i dati per la clonazione. In due anni almeno cinquanta carte di credito di ignari turisti sono state clonate in questa maniera in centro storico. Un solo istituto di credito ci ha rimesso ottantamila euro. Due giorni fa la Squadra Mobile di Venezia ha smantellato il gruppo. Delle sei ordinanze di custodia cautelare in carcere, ne sono state eseguite due. Quattro persone sono ricercate. Si tratta di cinque italiani e di una brasiliana.
Le due persone sin qui arrestate sono Michele Costantini, 36 anni, cameriere e Renzo Bincoletto, 49 anni, intestatario di una ditta fittizia, entrambi veneziani.
Non ancora trovati, ma destinatari di misura cautelare: S.M., 42 anni, F.S., (49), V.A., (44), tutti veneziani e la brasiliana D.S.K.P., (42).
Le indagini della Squadra mobile sono partire nel marzo 2013 da una carta di credito falsificata sequestrata al Casinò di Tessera. Successivamente, mettendo assieme i vari tasselli, hanno scoperto un gruppo di malviventi composto prevalentemente da italiani che attraverso finte aziende aprivano conti correnti su cui versavano gli importi delle carte di credito clonate. In alcune occasioni le carte venivano "strisciate" nei Pos di commercianti complici.
Nell'operazione della polizia sono indagati anche dieci commercianti e camerieri di locali del centro storico, tra cui un ristorante, che fornivano i dati delle carte di credito ai clonatori. Poi con le carte di credito andavano al casinò a giocare. In gran parte si tratta di commercianti che trattano scarpe, occhiali e abbigliamento.
Le tessere clonate venivano "strisciate" per delle operazioni fittizie in quelle aziende, che quindi vedevano rimpinguarsi di volta in volta le proprie casse di circa 700 euro alla volta. Un importo che poteva salire di molto in quel breve lasso di tempo in cui la carta non veniva bloccata dal legittimo proprietario. Dopodiché quei soldi venivano "monetizzati" attraverso tre esercizi commerciali conniventi, i cui quattro titolari ora risultano indagati.
Si tratta di tre attività veneziane: una d'abbigliamento, una di calzature e una di ottica. I gestori, secondo le indagini, prestavano i propri Pos alla banda, che così poteva chiudere il cerchio e utilizzare i soldi illegali per acquistare merce o per intascarsi i soldi. Per questo servizio anche questi commercianti avessero il proprio tornaconto, visto che alcune operazioni bancarie con carte clonate non avrebbero come destinatario finale le aziende create ad hoc, le quali si sono rivelate delle scatole vuote. Costituite solo per incamerare i soldi provenienti dalle truffe.
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