«Caro papà, sento che morirò presto»
PIOMBINO DESE. «Pochi giorni prima di morire Ihab mi ha abbracciato forte forte e mi ha baciato ripetutamente sul collo. Gli ho chiesto: perché mi abbracci così figlio mio? Mi ha risposto: ti voglio tanto bene papà e te lo voglio dimostrare subito perché io morirò giovane». Sarwat Abou El Seoud, il padre di Ihab, lo ha tranquillizzato: «Tu hai tutta la vita davanti e diventerai una grande persona, scaccia questi brutti pensieri». Nel ricordare le parole premonitrici del figlio, El Seoud si commuove: «È stato il modo in cui mio figlio ha voluto salutarmi e lasciarmi questo struggente ricordo, lo capisco solo ora che lui non c’è più». Ma ciò che per qualche oscuro motivo Ihab avvertiva inconsciamente è accaduto la sera di sabato mentre pedalava per tornare a casa dopo lo stage al ristorante “Baracca” di Trebaseleghe.
Il resto è cronaca. Sabato sera verso le 22.30 Ihab, diciottenne studente dell’Enaip di Noale, ha salutato con un sorriso Rinaldo Casarin, il titolare del ristorante dove stava svolgendo lo stage di cameriere di sala così come prevede il progetto scuola lavoro. Poi ha inforcato la bicicletta per tornare a casa visto che il padre, che di solito lo accompagnava, ha l’auto di famiglia in riparazione. L’investimento in via Gattoeo, circa 700 metri da casa.
Una strada stretta, priva di ciclabile, di lapioni e perfino di linea di mezzeria, a lato un fossato pieno d’acqua. A tamponare violentemente il ragazzo una Mercedes Classe A guidata da una 19enne di Trebaseleghe, appena uscita di casa e diretta a Castelfranco dagli amici. Ihab è stato caricato sul cofano e poi scagliato a 20 metri di distanza, forse a causa della brusca frenata del veicolo. Ciclista e bicicletta sono finiti nel fossato, semisommersi dall’acqua. La giovane si sarebbe resa conto di aver investito una persona in bicicletta ma è ripartita senza prestare soccorso tornando a casa. Alla madre, che l’ha vista rientrare ha mentito raccontando di aver investito un cane. A ritrovare Ihab ormai privo di vita sono stati il padre e la sorella. Non vedendolo rientrare hanno percorso a ritroso il tragitto illuminando il ciglio stradale con la torcia.
Sono stati loro a ritrovare Ihab alle 2, oltre 3 ore dopo l’incidente. Solo domenica, quando la notizia di un ciclista investito è circolata sui media, la donna ha collegato i fatti e messo alle strette la figlia, che è crollata, e l’ha portata dai carabinieri. Ora la giovane è accusata di omicidio stradale e omissione di soccorso. Si poteva evitare questa morte? Può pesare il fatto che il ragazzo indossasse un giubbotto rosso e non la pettorina rifrangente e che la bicicletta poteva non essere a norma? Se l’automobilista non avesse proseguito omettendo il soccorso avrebbe potuto affermare le proprie ragioni e ci sarebbero tante spiegazioni che ora hanno meno importanza.
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