Caro bollette a Mestre. Negozio aperto e luci spente per protesta

Contro il rincaro dell’energia, la provocazione del titolare di Taglie Forti: «Le accendiamo quando entra qualcuno per fare acquisti»

Marta Artico

MESTRE. «Il negozio è aperto, le luci sono spente a causa di un rialzo del 300%. Le accendiamo quando entrate per fare acquisti. Grazie governo». Il cartello è appeso in bella vista in modo che tutti lo vedano passando, in piazza Barche, nel negozio Taglie Forti sotto ai portici, poco distante dal cuore cittadino. Il messaggio è chiaro. Lo stesso, è affisso nel punto vendita di Musile di Piave.

A lanciare la provocazione, è il titolare delle due attività, Lorenzo Buoso Lollo, che durante il lockdown assieme a professionisti, esercenti, baristi parrucchieri aveva dato vita al gruppo “Rialziamoci”.

E che ha deciso di non farsi schiacciare dal peso del caro-energia e delle bollette alle stelle. La commessa, all’interno, è della stessa opinione. «Siamo tutti nella stessa barca, al lavoro come a casa, i costi sono insostenibili, è sotto agli occhi di tutti, perché le bollette le riceviamo tutti quanti».

Il negozio è buio, accesa solo la luce sopra alla cassa. Quando entra qualche cliente per guardare i capi di abbigliamento e per provarli, ovviamente si accendono le luci, in modo che le persone li vedano e li scelgano. Anche alla sera, si accendono solo quelle necessarie.

Una scelta radicale, a significare che il vaso è traboccato. Sono finiti i tempi in cui le vetrine erano illuminate e i negozi svolgevano anche la funzione di illuminare le vie e gli spazi urbani, e il rischio è quello che i centri si spengano lentamente, sotto al peso dei consumi insostenibili.

Lo abbiamo raggiunto al telefono, per domandargli dell’iniziativa. «Le bollette sono sempre più alte?» sbotta il negoziante-imprenditore «e noi allora spegniamo tutto. Non possiamo restare impassibili e non far nulla, o almeno provarci. Come me, dovrebbero fare tutti, alla stessa stregua. Sto contattando quante più persone possibili per invitarle a spegnere le luci delle vetrione e dei loro negozi: se tutti facessero questa protesta, anche a casa, forse il messaggio arriverebbe forte e chiaro. Dobbiamo tentare, per lo meno».

La stessa cosa, vale per il gasolio e il caro carburanti, fa sapere. «Quando vado a trovare mia sorella a San Donà, prendo il treno, non uso più l’auto. Se posso la bici o i mezzi. In macchina spendo 15 euro di carburante, in treno ne spendo 6,40. Bisogna dare un segnale, mandare un messaggio. Queste spese ci uccidono, non sono sostenibili. Le persone o vanno fuori a cena, o vanno a lavorare, ma non ci sono più i soldi per fare tutte e due come prima. Cosìcome le materie prime, tutto è troppo caro».

E, nei giorni scorsi, molti ristoratori hanno denunciato un calo di fatturato, specialmente chi lavora con la clientela che viene da fuori per raggiungere una pizzeria piuttosto che un ristorante. L’obiettivo è quello di organizzare una manifestazione di protesta contro i rincari e la speculazione che – secondo molti – ruota attorno agli eccessivi aumenti.

In molti locali, già da un po’ quando non ci sono persone all’interno che scaldano, la temperatura è piuttosto bassa, per risparmiare. E c’è chi non accende più nemmeno i funghi riscaldanti, per non spendere più del previsto. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia