Carive, l’assemblea vota lo scioglimento
Addio Cassa di Risparmio. Da ieri la Carive, la più antica cassa di risparmio italiana fondata due secoli fa, non esiste più. L’ultima assemblea dei soci si è riunita in mattinata nella sede centrale di campo Manin e ha decretato la «fusione per incorporazione» dell’istituto di credito lagunare in Banca Intesa, il supergruppo bancario leader in Italia che ne possiede già da qualche anno il 100 per cento delle quote azionarie. «Abbiamo celebrato un bel funerale», sorride all’uscita un consigliere. Riunione operativa, durata pochi minuti, sotto la presidenza di Giovanni Sammartini. Si trattava di rendere operativa una decisione già assunta dal Cda di Intesa Sanpaolo nel giugno scorso. Il voto dell’assemblea è stato poi ratificato dal Cda.
Da oggi, dunque, la Carive non c’è più. La fusione produrrà presto una nuova organizzazione, basata sull’impianto del grande gruppo italiano – e internazionale – con una inevitabile riduzione di filiali, personale e spazi a disposizione. Oggi il cambiamento è già ben visibile con il nuovo logo di Intesa che campeggia al posto di quello storico della Carive. Del resto basta aprire il sito Internet «Cassa di Risparmio di Venezia» per essere immediatamente rimandati a quello di Intesa. Dai primi di novembre, la banca ha anche comunicato ai suoi clienti che cambieranno tutti i codici di Iban, centralizzati.
Al di là di ogni considerazione economica si tratta dell’ennesima perdita di centralità di Venezia. Già alcuni anni fa il baricentro si era spostato a Padova, in omaggio ai nuovi azionisti. Poi pian piano, nonostante i grandi sforzi e l’impegno anche sociale del management di Carive, la banca veneziana per eccellenza è stata attratta nell’orbita del grande gruppo di Bazoli e Gros Pietro. Che già aveva incorporato qualche anno fa la storica banca torinese Sanpaolo.
Inutili le proteste degli amministratori locali. Il modello di banca della Cassa di Risparmio oggi mostra il segno. Le logiche della finanza tendono a ottimizzare, ridurre i costi e distribuire il personale nel territorio e nel settore investimenti. Gli sportelli vengono ridotti e così le filiali. La proprietà ha garantito che il grande palazzo che ospita la sede centrale della Carive rimarrà ad uso terziario e pubblico. Che le opere d’arte custodite nel caveau rimarranno a Venezia e saranno esposte. E i grandi spazi del moderno edificio, progettato da Pier Luigi Nervi – l’architetto della sala delle udienze del papa – e Angelo Scattolin, costruito tra le polemiche nel 1970 dopo la demolizione dell’edificio antico preesistente, saranno a disposizione della città. Presto per sapere se il passaggio definitivo avverrà senza contraccolpi.
Intanto il cambiamento è ben visibile anche nel logo di Intesa – tre portici colorati in stile razionalista su quadrato arancione, sovrastati da una linea rossa – davanti alle due entrate di campo Manin e campo San Luca.
«Non cambia la qualità del servizio ai nostri clienti», ripetono i vertici della banca. Cambia sicuramente l’immagine della «banca veneziana», che cura tra l’altro la tesoreria del Comune e gli stipendi di migliaia di dipendenti, i grandi mutui e il sostegno all’attività sportiva e alle regate. Da ieri mattina la gloriosa Carive, fondata nel 1822 sotto la dominazione austriaca e diventata negli anni Settanta leader nel Nord Est, formalmente non esiste più.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia