Cardin: «Il Palais Lumiére è un sogno che voglio realizzare»
di Roberta De Rossi
VENEZIA. «Non voglio dare date o scadenze, dire cose di cui mi potrei pentire: io il Palais Lumière lo voglio fare a Venezia per il Veneto. Se Venezia non mi vuole - ma le autorità sono state finora tutte disponibili verso - allora lo dica. Altrimenti mi diano l’autorizzazione a fare questa meravigliosa nuova città, con l’Università della moda, un ospedale, case-fungo in un grande giardino ecologico. Marghera ha fabbriche e petrolio, ci vuole coraggio a vivere qui oggi: io offro un’alternativa, con un’architettura rivoluzionaria, che nasce da un uomo che si è sempre fatto da sé con lavoro e creatività di artista. Dalla Cina e Rio tutto il mondo è interessato a questo progetto, mi ha scritto anche il Vaticano: avrei potuto farlo a Parigi, ma non c’era posto. Un’opera così gigantesca ha bisogno di spazio e del mare».
Pierre Cardin non alza mai la voce: ma gli occhi guizzano. L'uomo che ha inventato la "griffe", le celebrities come testimonial, che ha vestito i regnanti e le star di tutto il mondo prima di farsi cacciare dalla Camera della Moda francese per aver inventato quel prêt-à-porter, che - dice lui - l’ha reso ricchissimo. L'uomo che ha creato i ristoranti Maxime's e arredato aerei. L’imprenditore che vede oltre, che primo al mondo ha aperto un negozio di moda in Oriente (in Giappone nel 1959), per primo ha fatto un accordo commerciale con l'Urss nel 1979, per primo è sbarcato nella Cina comunista 34 anni fa, che ha decine di migliaia di dipendenti nelle imprese nel mondo. Quest'uomo qui, a 92 anni, a parole dice «di aspettare una risposta», ma dà l’idea di non essere sfiorato lontanamente dall'idea che i 259 metri del suo Palais Lumière non si facciano. «Nella vita ho avuto la fortuna di fare tutto quello che ho voluto e pensato», dice, «l'ho fatto con i soldi che ho guadagnato con la moda, non con i soldi della finanza. A muovermi è il piacere della creatività, la libertà, il desiderio di conoscenza e il piacere del lavoro: io mi riposo lavorando. E il Palais Lumière darà lavoro a 5 mila persone l'anno, sarà un polo di ecologia e di moda». Le denunce di Italia Nostra, le critiche degli ambientalisti, i dubbi sulle bonifiche e la tenuta economica del progetto, le osservazioni di studiosi come l’archeologo Settis che lo boccia perché omologherebbe Venezia a qualsiasi altra città? Pierre Cardin non si scompone. «Non può piacere a tutti e non voglio correre dietro a tutti o non si farebbe mai niente», risponde, «non credo che Marghera sia oggi un bel posto. Nel Veneto non si riesce a costruire nulla di grande, finora: il passato è stato grande, ma bisogna guardare al futuro. Non ci sono solo i nonni, le mamme e i papà, ma anche i bambini». Non vede controindicazioni neppure quando annuncia fiero - e sornione - «sarà un faro che illuminerà tutta la città e gratis! Lo si vedrà da mille metri di altezza, servirà anche agli aerei». Per lui il gigantismo è un pregio, anche se non nega un po’ di narcisismo: «Si vedrà Padova e Treviso, sarà un giardino ecologico e darà lavoro: serviranno 50 mila piatti, 50 mila lenzuola, 20 mila bicchieri per ogni evento, avete idea quanto lavoro è per tutti i veneti? Io sono finanziere e sono ambizioso, certo, ma questo progetto è bello e utile. Anche nel Veneto, senza la moda ci sarebbe disoccupazione». E ricorda di essere accademico di Francia di arte. Come dire: zitti tutti. Un sospetto lo sfiora: «E' un sogno, non so se si farà, penso che le autorità abbiano capito e dimostrato entusiasmo: certo, non potranno viverci tutti, ricchi e poveri, ma sarà un’opportunità per tutti».
Fosse per le autorità locali, il Palais sarebbe cosa fatta. Il sindaco Orsoni saluta una volta di più Cardin «un mio concittadino, che dimostra il suo grande spirito non solo nella sua creatività, ma anche nel guardare lontano: quella che ci ha portato con la volontà di realizzarla è una bellissima idea, ne siamo grati e penso sia forte contributo allo sviluppo nostro bella regione e nostra città
«Un progetto che noi vogliamo contribuire assolutamente a realizzare», ripete il presidente del Consiglio regionale, Clodovaldo Ruffato, padrone di casa del premio Leone del Veneto. «Unendolo alla candidatura di Venezia Capitale della Cultura», chiosa il vice presidente della Regione Zorzato.
«Tutti hanno libertà di parlare e giudicare», conclude Cardin, «ho fatto una cosa per bene del futuro, sarei molto felice, se la gente l’accettasse. Posso solo aspettare con il tempo se mi daranno ragione o no. Ma non modifico nulla: bisogna credere in quello che si fa e ci mancherebbe non ci credessi io per primo. Ho la speranza, dai segnali ricevuti, che si farà: è un lavoro di architettura di prestigio, non la solita torre che fanno tutti».
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