Carciofo violetto di Sant'Erasmo, la concorrenza insidiosa delle regioni del sud
VENEZIA . «Un oggetto è di lusso quando ha alle sue spalle molto pensiero, molta cura. In questo modo arriva ad avere una propria anima». Così Arrigo Cipriani, il re dell’Harry’s Bar, classe 1932, mentre parla sotto il fresco portico della Locanda Cipriani a Torcello al termine di un’intera giornata, quella di venerdì, dedicata al carciofo violetto e alle sue straordinarie qualità. Un discorso ampio che tocca arte, arredamento e cucina, in particolar modo il violetto, eccellenza inclusa tra i presidii di Slow Food e tra i prodotti agroalimentari tradizionali italiani. Tenera e carnosa, questa varietà viene coltivata nelle isole di Sant’Erasmo, Lio Piccolo, Mazzorbo e, appunto, Torcello.
«È una pianta davvero straordinaria. Già i germogli, le famose castraure, sono una prelibatezza a ragione rinomata. Un tempo “cibo della fame”, dal momento che la povertà imponeva di sostentarsi senza aspettare il pieno sviluppo dell’ortaggio, è divenuta nel tempo una prelibatezza e anche un motore economico» ha spiegato Cipriani che, nell’isola, può contare su carciofeti per un totale di 30.000 piante «oggi si subisce una concorrenza più serrata, anche da altre regioni italiane quali Sardegna o Puglia. Se una volta ci volevano due mesi per far arrivare i loro carciofi qui, i mezzi attuali consentono di immetterli sul mercato veneziano in un paio di giorni».
Nella giornata di venerdì, celebrativa di questa gemma nostrana, il percorso è iniziato alle 11 con la visita alla carciofaia di Michele Borgo, con l’illustrazione della coltivazione e dei vari tagli del carciofo. È quindi proseguito alle 12 con la presentazione del libro di Piero Santostefano “Lio Piccolo nell’Ottocento. Archivi, famiglie, territorio nella Laguna Nord di Venezia” e con un pranzo, naturalmente a base di carciofo, organizzato da agriturismi e ristoranti del luogo. Un’escursione a Torcello con in bragozzo con guida SlowVenice, una visita alla carciofaia di Cipriani e un aperitivo alla Locanda hanno quindi, nel pomeriggio, coronato il tutto.
«I violetti non hanno paragone. Sono leggermente più amari delle altre varietà, e sono le caratteristiche uniche a imprimere forza a un prodotto alimentare», ha continuato Cipriani. Attenti, però, a parlargli di chef: «Chiamiamoli cuochi, o cóghi dalle nostre parti. L’Italia è una terra meravigliosamente differenziata, e la sua ricchezza si riflette anche nelle singole tradizioni culinarie regionali ma non solo, visto che spesso variano di città in città. Ci vuole rispetto delle ricette tradizionali, dei sapori e dei profumi genuini: un carciofo è una meraviglia di per sé, se ci aggiungi la curcuma, per dire, lo snaturi».
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