Carcere di Venezia sovraffollato: ci sono 261 detenuti al posto di 159

Anche tre persone costrette a condividere 9 metri quadrati. Vanto (Cgil): «Servono progetti di inserimento lavorativo». Spazi da ridisegnare, chiesto aiuto a Iuav

Maria Ducoli
Il carcere di Santa Maria Maggiore
Il carcere di Santa Maria Maggiore

Nove metri quadrati, o poco più. Tre persone che ci devono vivere dentro con tre letti, a volte ben tre brande a castello da cui se allunghi il braccio puoi quasi toccare il soffitto, poi un tavolo di 80 centimetri per 60, tre sgabelli, tre armadietti. Ma questi nove metri quadrati erano pensati per far vivere una sola persona, e invece ce ne stanno tre.

Nelle carceri, e la casa circondariale di Santa Maria Maggiore non fa eccezione, non si respira e si vive cercando di non calpestarsi a vicenda.

Nel clima asfissiante, gli arredi iniziano ad accusare i segni del tempo e, per questo, il direttore Enrico Farina sta pensando di coinvolgere lo Iuav e l’Accademia di Belle Arti in un progetto che punta a ridare vita nuova e sicuramente un tocco di colore agli armadi.

Per ora, si tratta solo di un’ipotesi che, tuttavia, non stupirebbe se diventasse realtà, vista la collaborazione sempre più stretta che il carcere sta stringendo con enti e istituzioni del territorio.

Pensare all’arredamento, al colore, significa pensare a un carcere diverso, umano, in cui le condizioni detentive rispettino quelli che sono i diritti delle persone, la salubrità degli ambienti, la dignità umana.

Pensare all’arredamento significa fare quel poco che si può davanti all’onda travolgente che sta sommergendo le carceri italiane, che devono fare i conti con spazi ristretti e sempre più detenuti, anche a causa dell’inasprimento delle pene. Questo, inevitabilmente, comporta la comparsa della terza branda, in celle già troppo piccole.

La Cgil Fp veneziana, però, non ci sta e chiede che il letto a castello con tre brande venga una volta per tutte vietato dal Garante nazionale, che vigila sui diritti dei detenuti.

I numeri sono allarmanti e a snocciolarli è Franca Vanto (Cgil Fp Venezia), all’indomani del sopralluogo dei sindacati nel carcere situato nel sestiere di Santa Croce.

«Parliamo di 261 detenuti a fronte di una capienza di 159, di cui una trentina con problemi psichiatrici. La struttura sta scoppiando e questo crea enormi disagi sia ai detenuti che al personale penitenziario, ridotto all’osso» spiega, sottolineando che nell’ultimo periodo gli agenti arrivano anche a fare turni di 12 ore, gestendo un numero di utenti che fa saltare qualsiasi rapporto numerico ragionevole.

Il personale, infatti, conta 146 unità, ma attualmente solo 84 prestano la loro attività all’interno dell’istituto, 12 agenti alla navale e 16 al Nucleo dei piantonamenti.

Numeri che mettono a rischio la sicurezza, che non permettono il rispetto dei diritti dei lavoratori, dai riposi agli orari di lavoro, e che si traducono in un carico di lavoro spropositato.

«Venezia non viene considerata come meta da parte di chi deve prendere servizio» spiega la sindacalista, «la scartano a prescindere, quindi, qua la situazione resta quella che è». D’altronde, si sa, Venezia è cara, spesso inappetibile, con poche case e spesso troppo costose e sono pochi quelli che decidono di sceglierla come città in cui lavorare.

«Anche per questo motivo, noi chiediamo che il fine pena possa essere sempre più spesso scontato fuori, tramite progetti di inserimento lavorativo, più proficui per tutti» conclude Vanto.

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