Carcere, monta la protesta della Polizia penitenziaria
L’hanno scritto e riscritto, ma per ora le loro segnalazioni sono rimaste lettera morta. I conducenti dei mezzi della Polizia penitenziaria sono costretti a viaggiare in terraferma su mezzi che hanno almeno venti anni e migliaia di chilometri di percorrenza. Si tratta di furgoni, sono due, e di un’auto, utilizzati per trasferire i detenuti da un carcere all’altro e, soprattutto, per accompagnarli nei numerosi tribunale del Veneto e non dove vengono interrogati o processati. Accade spesso che uno o l’altro dei furgoni debba essere portato in officina per essere rattoppato nel motore o nella carrozzeria.
Gli agenti, a salire su quei mezzi, non si sentono sicuramente sicuri, spesso tra l’altro devono percorrere lunghe distanze. Per ora, non sono state messe in cantiere azioni di protesta, ma trattandosi di un problema che coinvolge la sicurezza dei trasporti e di conseguenza l’incolumità dei componenti della Polizia penitenziaria e anche quella dei detenuti che viaggiano su quei mezzi, prossimamente potrebbe scattare una iniziativa clamorosa.
Una protesta che punta a mettere al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica le condizioni in cui sono costretti a lavorare gli agenti di custodia, che già da tempo chiedono più organici, trovandosi costretti a turni massacranti. O, comunque, a turni all’interno del carcere con il personale ridotto all’osso, visto che in alcune occasioni all’interno dei bracci, per tenere sotto controllo circa trecento detenuti, che ora possono rimanere fuori dalle celle per l’intera giornata, ci sono appena tre o quattro agenti .
C’è, inoltre, un’altra questione che sta a cuore agli agenti della penitenziaria: è quella delle divise che indossano. Da decenni, quelli più anziani, hanno la divisa d’ordinanza e quella da lavoro, che prima veniva indossata soltanto quando erano in servizio all’interno del carcere. Adesso, invece, è facile vedere in Tribunale chi arriva con la divisa d’ordinanza (giacca e cravatta) e sono i più giovani, ai quali è stata consegnata solo da pochi anni, mentre gli altri, i più anziani, indossano quella da lavoro perché l’altra, ormai, è da buttare o quasi. È lisa e il blu è ormai stinto, mancano spesso i bottoni e c’è pure qualche strappo. Naturalmente accade anche su quella da lavoro, ma si vede meno e comunque le mogli, per gli agenti maschi, e le agenti donne sono costrette a intervenire spesso con ago e filo. L’Amministrazione penitenziaria, evidentemente, non è in grado di fornire divise nuove: ne hanno consegnata una per tipo al momento dell’entrata in servizio e da allora ognuno dei componenti della Polizia penitenziaria ha dovuto arrangiarsi. Naturalmente gli agenti non possono prestare servizio con abiti civile e quindi si arrangiano come possono.
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