Caos in Canal Grande Emergenza onde e mancano i controlli
VENEZIA. Emergenza onde. Traffico impazzito, taxi a velocità sostenuta ovunque e in numero sempre crescente. Bacino San Marco come un mare in tempesta, rii interni al collasso. Precipita la situazione moto ondoso. Nessun controllo visto negli ultimi giorni, un vero disastro. «Stiamo pensando di andare dal prefetto, qui la situazione è pericolosa», sbotta un pilota della linea 1 Actv. Davanti alla stazione di Santa Lucia, dopo il ponte degli Scalzi, ci sono almeno dieci taxi che caricano e scaricano attraversando la rotta al mezzo pubblico per raggiungere il nuovo pontile. Vaporetti stracarichi, Gran Turismo, Vaporetti dell’Arte vuoti. E poi barche da trasporto, lance di rappresentanza, motoscafi di alberghi e vetrerie. Un vero caos. «Se non si decidono a fare qualcosa questa città si sgretola», scuote la testa il capitano. Dall’altra parte della città, in bacino San Marco, situazione ancora peggiore. «Un disastro», denunciano i gondolieri del Ducale , «si fa fatica a stare in equilibrio sulla gondola». Aldo Reato, presidente della categoria, annuncia iniziative drastiche. «Chiediamo controlli. Invece non succede niene, la situazione peggiora». I posti fissi di vigilanza, istituti dieci anni fa dal Comune, sono stati smantellati. Le pattuglie di vigili sono poche, e non sempre il moto ondoso viene considerato una «priorità», rispetto all’ordine pubblico o al commercio abusivo. Risultato, il caos aumenta. Alle Fondamente Nuove lunghe colonne di taxi dirette all’aeroporto. Molti non rallentano nemmeno davanti al distributore di benzina, o alla Canottieri Querini, dove i ragazzini escono in canoa. I rii «di collegamento» con San Marco sono ridotti a tangenziali. Rumore, onde, traffico, clacson. Le onde schiaffeggiano i muri di sponda, le crepe sono evidenti. Povera Venezia. Come in rio di San Sebastiano-rio dei Carmini, in rio della Pietà e in rio di Noale a Cannaregio, in rio di Santa Giustina. Come se una cultura secolare si fosse all’improvviso sbriciolata, nessuno vuol più sentir parlare di regole. Il turismo è gallina dalle uova d’oro. E nessuno va piano, per arrivare prima degli altri a caricare turisti. «Basterebbe molto poco, non si capisce perché il Comune non provveda», dice un residente che abita in Rio Novo, altra autostrada della laguna dove i taxi passano in ore di punta al ritmo di un centinaio ogni due-tre minuti, «una telecamera, oppure un vigile con il barcavelox. Chi corre viene multato. Si devono decidere a intervenire, a ridurre il numero dei motoscafi. Altrimenti qua crolla tutto». Invece si continua a correre, sempre di più. A dieci anni dall’istituzione del commissario straordinario contro il moto ondoso sono rimaste soltanto le targhe LV – obbligatorie per la barche da diporto sopra i dieci cavalli – e qualche opera come l’Interscambio. La vigilanza non c’è, e non c’è nemmeno l’attenzione al problema. Non più uno sfizio di ambientalisti e contesse nostalgiche ma questione di sopravvivenza. Il trafficio in Canal Grande e nei rii è arrivato a un punto di non ritorno. E occorrono interventi. del resto, in quale citta del mondo gli autobus carichi di turisti arrivano proprio nel cuore del centro storico?
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