Cantone: recuperare i milioni delle tangenti

Il presidente dell’Anticorruzione: «I magistrati veneziani hanno svolto un ottimo lavoro ma c’è ancora molto da fare»
Raffaele Cantone
Raffaele Cantone

VENEZIA. «Questo del Mose è un processo simbolo. Di come sia cambiata la corruzione. In questo caso i meccanismi corruttivi erano previsti sin dall’inizio, sin dentro la legge». Oggi prima udienza del processo Mose in Tribunale a Venezia. Sono coinvolti politici come l’ex ministro Altero Matteoli, accusato di corruzione, l’ex sindaco Giorgio Orsoni e l’ex europarlamentare Lia Sartori per finanziamento illecito. Il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone fa i suoi complimenti alla magistratura veneziana. «Hanno fatto un ottimo lavoro», dice. Ma avverte: «C’è ancora molto da fare. I commissari che abbiamo nominato al vertice del Consorzio Venezia Nuova hanno difficoltà ad andare avanti, trovano tanti problemi creati in passato». Cantone ricorda che «la corruzione è un danno per il Paese».

Con i meccanismi della corruzione i lavori non si fanno più in fretta. Semplicemente non si fanno. O si fanno «male» come nel caso del Mose. Spendendo molti più soldi del previsto e creando una rete diffusa di corruzione e malaffare. «Illeciti che hanno coinvolto tantissime persone, che forse non erano responsabili di reati ma hanno consentito che quel sistema andasse avanti». E adesso, Cantone lo ripete ovunque va, «occorre recuperare i milioni delle tangenti». Sarà forse la fase due del grande scandalo. A cui stanno lavorando la Guardia di Finanza e i commissari che da un anno e mezzo governano il Consorzio. L’ex dirigente dell’Agenzia delle Entrate, ufficiale della Finanza ai tempi di Mani Pulite Luigi Magistro, l’avvocato Giuseppe Fiengo, l’ingegnere Francesco Ossola. Il loro mandato è quello di «completare l’opera mettendola al riparo dalla corruzione». E anche di segnalare gli illeciti trovati.

Spese strane e consulenze, bilancio risanato e richiesta di danni inviata alle imprese maggiori azioniste del Cvn, la padovana Mantovani e le romane Condotte e Grandi Lavori Fincosit. Mancano all’appello molti denari, e non soltanto quelli della corruzione. Soldi spesi per obiettivi che nulla avevano a che fare con il fine istituzionale del Consorzio, cioè la costruzione del Mose. Materia forse di nuove inchieste e liti giudiziarie. Stamattina intanto alle 9 si apre il primo «vero» processo Mose. Dopo udienze preliminari che hanno consentito alla gran parte degli imputati di patteggiare e dunque di uscire di scena. Così è stato per l’ex governatore Giancarlo Galan, e il suo assessore Renato Chisso, per l’ex presidente del Magistrato alle Acque Patrizio Cuccioletta, per il vicedirettore del Consorzio, l’ingegnere padovana Maria Teresa Brotto. Otto gli imputati che vanno a processo. Oltre a Matteoli, Orsoni, Sartori e Piva l’architetto Danilo Turato e gli imprenditori Erasmo Cinque e Nicola Falconi, l’avvocato Corrado Crialese.

Udienza dedicata alla presentazione dei testi e alle eccezioni preliminari. Difficilmente gli imputati si presenteranno, mentre partirà il duello tra avvocati. Per ammettere testi, tra cui sicuramente ci sarà Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani spa, arrestato nel 2013 per evasione fiscale. Non ci sarà invece il supertestimone e principale accusatore degli imputati, l’ex presidente del Consorzio Giovanni Mazzacurati. Da tre anni vive nella sua casa in California, e i suoi legali dicono che non si può spostare per ragioni di salute. Un processo che comincia stamattina senza il Convitato di pietra.

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