Cantone: «Mose peggio dell’Expo, bloccare il monopolio dei privati»
VENEZIA «Il Mose? Peggio dell’Expo». Commissariamento alle porte, dunque? Un’ipotesi possibile, ma da verificare nel caso veneziano: «Ho bisogno di capire se la norma che prevede il commissariamento delle imprese coinvolte sia applicabile anche a imprese che non sono transitate per un appalto. Il Consorzio Venezia Nuova non ha mai fatto un appalto. Assegnava lavori a imprese che ne facevano parte. Legalmente, perché la legge glielo permetteva. Valuteremo cosa fare, al Consorzio ho acquisito dei documenti che dovrò valutare». Al termine della sua lunga giornata veneziana - tra una visita alla centrale operativa del Mose e un incontro con i vertici del Consorzio Venezia Nuova, un faccia-a-faccia con i pubblici ministeri che si occupano dell’inchiesta e un affollato dibattito pubblico con senatore pd Felice Casson - il presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, ha giudizi taglienti, seziona punti critici dello scandalo Mose (partendo dalla legge sul concessionario unico), ma non ha interventi certi da annunciare: l’impressione è che il commissariamento delle imprese coinvolte nell’indagine-terremoto “gli pruda” tra le mani, ma che non sia scontata la sua applicabilità al caso veneziano.
Così è cauto sul presente e netto per il futuro: per la gestione del Mose, Cantone chiede una legge che blindi il futuro dagli errori del passato. «La più grande opera d'Italia, quella che il mondo sta studiando e incredibilmente», ha sottolineato Cantone, «ha avuto una gestione privatistica. Ora però si apre una questione fondamentale. Chi farà la manutenzione del Mose: sarà il grande affare successivo e bisognerà tenere gli occhi aperti», «ci vorrà una legge per stabilire come verrà gestita, anche perché dobbiamo partire da una domanda: quali aziende avranno la competenza per la gestione del Mose? Probabilmente solo quelle che lo hanno costruito, e quindi bisognerà tenere gli occhi bene aperti. Questo rischia di trasformarsi in un appalto a vita», frutto di una «legge criminogena, quella del 1984, che ha permesso che un consorzio prima in parte pubblico e privato, e poi solo privato, gestisse una somma enorme di soldi, praticamente senza nessun controllo da parte dell’autorità pubblica, e se qualche controllo c’è stato è stato corrotto o comprato».
«Per me è molto strana l’idea di un privato che gestisca soldi pubblici e faccia anche i lavori», aveva commentato al termine del suo incontro con i vertici del Consorzio (il presidente Mauro Fabris, il direttore Hermes Redi, accompagnati anche dall’avvocato del Cvn Biagini) che gli hanno illustrato lo stato di avanzamento delle opere e la centrale operativa, da dove attivare il Mose a quota 110 cm di marea sul medio mare. Tornando all’ipotesi di commissariamento, il problema è giuridico, perché l’articolo 32 del decreto 90/2014 parla di «impresa aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture»: il Consorzio (privato) le opere le ha ottenute come concessionario unico dello Stato e le ha date in appalto, anche se i suoi vecchi vertici sono accusati di aver stipendiato i controllori e coperto di danaro chi doveva decidere sui progetti, mettendo le tangenti in conto allo stato con fatture per spese inesistenti. «Gli atti che posso firmare devono essere conseguenti a atti giudiziari: avevo bisogno di capire», ha detto ancora Cantone al termine dell’incontro con il procuratore Luigi Delpino, il neo procuratore aggiunto Adelchi d’Ippolito, i pubblici ministeri che hanno seguito l’inchiesta Stefano Ancilotto, Stefano Buccini e Paola Tonini. «La vicenda non è semplice, né tranquilla: questa è l’opera più complicata che c’è in Italia».
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia