«Cantiamo Bella Ciao», canto della Resistenza boicottato dai leghisti
VENEZIA. Festa della Liberazione e festa di San Marco per il 25 aprile veneziano. Polemiche in provincia sulle note di “Bella Ciao”, il canto partigiano che non piace ai sindaci della Lega. In alcuni Comuni viene escluso dai programmi della celebrazione.
A Venezia dove governa il centrodestra non vi è traccia della polemica: la mattina le celebrazioni per la Resistenza in campo del Ghetto a Venezia e piazza Ferretto a Mestre. Nel pomeriggio il raduno in piazza San Marco con le «rievocazioni storiche» organizzate dal Comune e l’arrivo di migliaia di veneti con bandiere di San Marco rosse e blu per la manifestazione che per anni è stata vista come «anti» Liberazione. Vicino al monumento alla partigiana ci sarà un pomeriggio di musica per festeggiare la Resistenza.
Prove di «rispetto reciproco», per dirla con le parole di Giovanni Giusto, delegato alle Tradizioni del Comune di Venezia e leghista. A Mestre e a Venezia, il canto partigiano sarà cantato e l’Anpi figura nel cartellone ufficiale.
«Con l’amministrazione comunale veneziana il clima è di reciproco rispetto», spiega dall’Anpi di Mestre Mario Torcinovich.
«Incomprensibile è invece la scelta di quei sindaci che si oppongono ad un canto partigiano. I partigiani mica erano solo comunisti. Erano di tante estrazioni culturali e politiche», rileva. Venti polemici soffiano a Marcon e Quarto d’Altino, che quest’anno non hanno iniziative comuni, e dove l’Anpi non parteciperà alle cerimonie delle due amministrazione in segno di protesta contro il divieto a cantare il canto partigiano. Il gruppo di cittadini di “Bella Ciao” invita tutti ad intonare lo stesso quel canto.
Per il partigiano Mario Bonifacio “Bella Ciao” è «pura poesia» ed è diventato popolare dopo la guerra, consacrato dagli anni Settanta come l’inno «semiufficiale della Resistenza». Tra i primi a cantarla ci fu Yves Montand; la prima registrazione è del 1963.
Oggi “Bella Ciao” è un canto conosciuto nel mondo e colonna sonora del recente sciopero per il clima mondiale. Incomprensibile che in Italia scateni polemiche, dice Bonifacio. «Da venti anni questa ostilità alla celebrazione della Resistenza, si è concentrata contro “Bella Ciao”, etichettata come canzone di parte, che divide», spiega, «e pensare che si era affermata per ragioni opposte: perché testo unitario, condivisibile da tutti. Questo ripudio ci indigna. Non può essere accettato».
Perché, continua, «oltre all'ostracismo a “Bella Ciao” si vuole cambiare il senso e la natura della celebrazione: non festa di popolo, che ricorda la grande gioia per la fine della guerra, e la conquistata libertà, e la gente partecipava con quel canto, ma cerimonia strettamente istituzionale di sfilate militari al suono della Canzone del Piave; una canzone che non ha niente a che fare con la liberazione e che è un falso storico». Bonifacio ribadisce: «Fino a che esistono fascisti il 25 aprile non può essere festa di tutti. Il 25 aprile è la festa dell'antifascismo perché è la festa della libertà. Onore a “Bella Ciao”, canto di un sogno di una Italia migliore».
«Mai cantata e mai la canterò», taglia corto il vice-governatore leghista Gianluca Forcolin finito lo scorso anno al centro di polemiche, a Quarto, per essersene andato mentre i ragazzi cantavano “Bella Ciao”. «Quest’anno non partecipo, nonostante gli inviti, alle celebrazioni. Ma non è disertare il mio. Sono via con i miei famigliari. Per dieci anni da sindaco non ho mancato ad una celebrazione e stavolta sono via. Tutto qui», spiega, infastidito. Sulla polemica ricorda: «Quel canto non era nel programma, la cerimonia era finita e noi ce ne siamo andati. E loro hanno cantato. Il resto sono polemiche di voi giornalisti. L’unico mio fastidio era per il fatto che i ragazzi delle scuole sapevano “Bella Ciao” ma quando è stato intonato l’inno di Mameli non si sono alzati in piedi. Mancanza di educazione istituzionale».
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