Canti, preghiere e una corona di fiori in Canal Grande per Pateh
Domenica la cerimonia per ricordare il ragazzo del Gambia che lo scorso anno si è tolto la vita per disperazione davanti alla stazione ferroviaria
Il cugino di Pateh getta la corona di fiori in Canal Grande
VENEZIA. Sono passate da poco le 14.30 di domenica quando inizia la celebrazione in memoria di Pateh Sabally, a un anno da quella domenica in cui il ragazzo si è tolto la vita in Canal Grande. Il piazzale davanti alla stazione Santa Lucia si riempie di volti, colori, suoni diversi, chiamati a raccolta da don Nandino Capovilla e dalla Casa di Amadou di Marghera. C’è un’atmosfera festosa, per ricordare un giovane ragazzo del Gambia di 22 anni, che nel fiore della sua giovinezza si è ritrovato senza più speranze.
Circa 200 persone si sistemano al centro della scalinata all’ingresso della stazione, lo sguardo rivolto in avanti, verso la laguna e le tre bandiere del Gambia portate per l’occasione. Madi, giovane rifugiato del Burkina Faso, dà il via alla celebrazione. Il microfono finisce subito tra le mani di Amadou Joof, anche lui del Gambia come Pateh, che dà il benvenuto ai presenti in lingua mandinga. «A volte le persone hanno solo bisogno di ascoltare alcune parole buone per tornare a sorridere» dice Amadou «Perché non lo facciamo? Una cosa è chiara: l’indifferenza e il razzismo non ci aiuteranno mai». Subito dopo, c’è spazio per un momento di riflessione. Prende la parola Mohamed Kaba, rifugiato ivoriano. «Due cose hanno ucciso Pateh» scandisce Kaba «la disperazione, causata da un sistema complicato di richiesta d’asilo, che ti fa sentire come un intruso, un nemico; e la discriminazione, che Pateh come tanti di noi ha subito quando è stato ignorato dalla gente che aveva intorno».
Segue una lunga preghiera di Yakoba, gambiano. Ai presenti è chiesto di unirsi spiritualmente, ognuno col suo credo. Il momento è solenne, la partecipazione è commossa. Al termine, un applauso dà il via alle note musicali. Il coro Soul Liberation Cultural Gospel riscalda i partecipanti, trascinati dal ritmo e dal calore africano. Si balla e si battono le mani a ritmo di Kumbaya, Asimbonanga (canzone anti-apartheid simbolo della lotta di Nelson Mandela), e One Love di Bob Marley. Tra la folla si fa spazio anche Tijian, 30 anni, cugino di Pateh. «Il mio cuore è triste, ma anche felice di vedere tutte le persone che sono qui» dice il giovane gambiano, residente a Frosinone «Io e la mia famiglia ci teniamo a ringraziare Venezia». È il momento più toccante della celebrazione. Tijian, abbracciato dalla folla di persone, un passo alla volta si avvicina al Canal Gande con una corona di fiori, nel punto da cui Pateh si è gettato in acqua.
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