Canale dei Petroli a pescaggio ridotto Le navi mercantili cambiano rotta

Allarme degli operatori e dei terminalisti per il mancato  escavo dei fondali interrati del Malamocco–Marghera

MESTRE. Allarme degli operatori portuali e dei terminal container e rinfuse per il mancato escavo di manutenzione del canale Malamocco-Marghera che sta limitando, ulteriormente, il pescaggio e di conseguenza, preclude l’accesso ai canali industriali e ai terminal portuali alle navi più grandi e con più carico.

Tant’è che alcune compagnie hanno cominciato ad evitare il porto lagunare, dove la Capitaneria di Porto ha ridotto ufficialmente – con un’apposita ordinanza emessa poche settimane fa – il pescaggio massimo di navigazione lungo il canale dei Petroli dagli 11,50 metri di un anno fa ai 10.50 attuali. Le navi con più carico vengono così dirottate negli altri porti dell’Adriatico, a cominciare da quello di Trieste dove il pescaggio arriva a 14 metri o Ravenna. Per “l’adeguamento dei fondali e la messa in sicurezza delle sponde del Canale Malamocco - Marghera”, lungo quasi 15 chilometri scavato negli anni Sessanta del secolo scorso, l’’Autorità di Sistema Portule di Venezia e Chioggia ha presentato un progetto esecutivo all’esame della Commissione di Salvaguardi a di Venezia che dovrebbe pronunciarsi il prossimo 11 dicembre. Il parere della Salvaguardia era atteso già la scorsa settimana ma, a quanto pare, ha deciso di valutare ulteriormente l’impatto del progetto presentato dall’Autorità Portuale ( che prevede anche la messa in sicurezza delle sponde con palancole metalliche o scogliere di pietra) sulla laguna e la sua complessa e delicata morfologia.

Interpellato al riguardo, il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale, Pino Musolino, ha confermato che si tratta di una «situazione temporanea» e che finché la Commissione di Salvaguardia non darà il suo parere sul progetto che prevede anche i lavori di messa in sicurezza delle sponde del canale «non c’è certezza su quando verranno ripristinati i valori massimi della precedente ordinanza della Capitaneria che lo fissava a -11.50 metri. «Si sa da tempo che l’accessibilità nautica sia il nodo cruciale per il futuro del porto commerciale di Venezia» dicono i rappresentanti dei terminal che accolgono le navi più grandi che trasportano rinfuse liquide e solide, merci su container e general cargo «a tutt’oggi, però, non ci sia ancora una soluzione sostenibile per mantenere abbastanza profondi i canali di accesso alle banchine commerciali e ciò comincia già a produrre un calo dei traffici in laguna». Per questo chiedono «chiarezza sul ripristino della massima funzionalità delle infrastrutture portuali esistenti, attraverso definiti piani periodici di manutenzione dei canali ed accordi chiari sul conferimento dei fanghi scavati». «Finché questo non verrà sancito e realizzato» sottolineano terminalisti e agenti spedizionieri del Porto di Venezia «le navi che prima arrivavano in laguna hanno iniziato a sbarcare altrove le proprie tonnellate, oppure si vedono costrette a non caricare tutti i container destinati all’export che dovrebbero partire dalle banchine di Porto Marghera, con un evidente aggravio di costi per l’intera catena logistica, situazione che obbligherà ovviamente caricatori ad individuare soluzioni alternative al Porto di Venezia a maggior vantaggio di Trieste e dei Porti del fronte tirrenico». Durante l’incontro organizzato la scorsa settimana a Marghera, Assoagenti Veneto ha chiesto che«vengano definiti piani periodici di manutenzione e ricalibratura dei canali portuali, in primis Canale dei Petroli ma anche il Vittorio Emanuele e canali del porto di Chioggia». «L’accessibilità nautica» concludono «dovrà essere garantita anche quando sarà il funzione il Mose, al fine di favorire turismo, commercio internazionale, cantieristica, attività manifatturiera ed industriale, in modo da sostenere investimenti e lavoro per la rinascita della città e della sua laguna». —


 

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