Camponogara, prese la cirrosi dopo la trasfusione chiede un milione al Ministero

Accertate le responsabilità dell’ospedale di Padova, ora dovrà essere risarcito La vicenda risale al 1979, la scoperta della grave malattia solo nel 2005. L’uomo ha ora 55 anni
Di Alessandro Abbadir
BARSOTTI - NUOVI DIVIETI DI PARCHEGGIO IN OSPEDALE
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CAMPONOGARA. Fece una trasfusione nel 1979, all’età di 17 anni, a causa di un incidente stradale alla Neurochirurgia dell’ospedale civile di Padova, e si infettò di epatite C. Ora a 55 anni soffre anche di cirrosi epatica e dovrà essere risarcito dal Ministero della Salute per quello che è successo. Il Tribunale di Venezia infatti, con un accertamento tecnico preventivo, ha stabilito qualche giorno fa, la responsabilità di quello che è accaduto constatando che fu proprio quella trasfusione a rovinare la vita di un dipendente del Comune di Camponogara. A spiegare tutta la vicenda è l’avvocato Pascale De Falco di Camponogara.

«Un dipendente del Comune di Camponogara», spiega De Falco, «nel 1979 in seguito a un incidente stradale fu ricoverato all’ospedale di Padova dove gli fu fatta una emotrasfusione. Quel sangue era infetto e contrasse l’epatite C che all’epoca si definiva “ non di tipo A e non di tipo B”. La scoperta ufficiale, però, di aver contratto questa grave malattia, avvenne solo nel 2005 quando il mio cliente fu ricoverato per delle patologie di cui soffriva e gli venne spiegato che aveva l’epatite C. Nel giro di due anni la sua situazione sanitaria si aggravò e ora è ammalato di cirrosi epatica, una malattia molto grave che può portare alla morte».

Il cinquantacinquenne, scoperto quello che era successo, fece ricorso alla Commissione medica ospedaliera dell’ospedale di Padova, che gli riconobbe un emolumento mensile di 500 euro per la sua condizione. Per ottenere il risarcimento, però, era necessario che fosse accertato che era stata proprio quella trasfusione del 1979 a fargli contrarre la malattia.

«Per questo motivo il magistrato del Tribunale di Venezia, nella persona di Silvia Barison», continua De Falco, «ha incaricato nel 2016 un perito per stabilire le esatte responsabilità. Già nel 1979 esisteva infatti la normativa che prevedeva l’obbligo da parte degli ospedali di controllare le sacche di sangue e gli emoderivati. Il perito, con scrupolose ricerche, ha accertato, depositando la perizia pochi giorni fa, che fra i donatori di quel sangue, uno era già infetto da epatite C al momento della donazione. Dello stesso tipo di epatite C di cui il mio assistito ora è affetto».

La perizia del Tribunale ha quindi accertato che fu proprio a causa della negligenza dell’ospedale, se la vita del 55 enne di Camponogara fu rovinata. «Ora», continua De Falco, «faremo prima una richiesta di transazione bonaria al Ministero in cui chiederemo per quello che è successo oltre un milione di euro. Se non ci sarà l’accordo, faremo partire la causa avendo dalla nostra parte la perizia del Tribunale di Venezia che ha accertato le responsabilità».

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