«Campo sinti, pronti a trasferire le famiglie a rischio»
«Quel che è accaduto è un episodio inconcepibile, e soprattutto incompatibile con la città. Siamo pronti ad accelerare la procedura di trasferimento della famiglia o delle famiglie a rischio in altri alloggi, in strutture in grado di accoglierle, qualora le forze dell’ordine certificassero una situazione di pericolo di ordine pubblico». Lo spiega il vicesindaco della città, Sandro Simionato, dopo i colpi di pistola - uno certo, probabilmente due - sparati venerdì pomeriggio, ad altezza d’uomo, contro il villaggio sinti di via del Granoturco.
Un’episodio che si aggiunge agli oltre venti colpi sparati in aria lo scorso 28 novembre, poco prima di mezzanotte, e al brutale pestaggio di una donna, appartenente alla famiglia degli Hudorovic, avvenuto a fine febbraio, in via Altinia, davanti alla chiesa di Sant’Andrea. Pestaggio per il quale è indagato Gaetano Braidic, colui al quale molto probabilmente erano indirizzati i colpi sparati venerdì pomeriggio, tornato al villaggio per fare visita a un figlio appena uscito di prigione dopo una condanna che aveva riguardato, oltre che padre e figlio, anche altri membri della famiglia Bradic. Sul fronte delle indagini i carabinieri di Favaro Veneto e della compagnia di Mestre, anche dopo le perquisizioni fatte subito dopo la sparatoria, stanno cercando di risalire agli autori dei colpi di pistola. Sullo sfondo resta la faida tra alcuni membri della famiglia dei Braidic, e alcuni altri della famiglia degli Hudorovic per vicende familiari legate a una proposta di matrimonio avanzata da un giovane Braidic e rifiutata da una Hudorovic. Che le due famiglie si odino, e che se la siano giurata, non vi sono dubbi, e però agli operatori che in questi anni hanno lavorato con i sinti, non solo nel villaggio di via del Granoturco, appare strano che una resa dei conti tra famiglie si possa spingere fino a sparare dei colpi di pistola ad altezza d’uomo, con il reale rischio di ammazzare qualcuno. Per questo non è da escludere l’ipotesi secondo la quale dietro i colpi di pistola ci siano questioni legate ai furti commessi un po’ in tutto il Nord Italia - ma non in città - per i quali sono stati condannato alcuni membri della famiglia Braidic - condannati a 28 anni di carcere in cinque, lo scorso anno - furti ai danni di orafi e che secondo le indagini avrebbero fruttato oltre un milione di euro. Non è facile, per le forze dell’ordine, dipanare una matassa in cui si incrociano vecchi rancori e sodalizi criminali, una vicenda della quale nessuno - neppure chi oggi è sotto tiro - vuole parlare. Una difficile soluzione anche per il Comune che sta cercando, un po’ alla volta, di spostare in alloggi popolari le 35 famiglie che ancora abitano nel villaggio. Alcune se ne sono già andate - come la famiglia della ragazza picchiata a febbraio - altre hanno dato la loro disponibilità, e sono regolarmente iscritte nelle liste. Altre ancora sono più restie. Il percorso di inserimento così come era previsto fin dall’inizio del progetto - aggiunge Simionato - sta procedendo senza forzature, e nel rispetto delle graduatorie ma è chiaro che se questore o prefetto, i vertici dell’ordine pubblico, evidenziassero una situazione di gravità per l’ordine pubblico, sarebbe necessario accelerare il trasferimento per le famiglie a rischio, facendo attenzione a non inserirle in contesti popolari già fragili sul fronte dell’equilibrio sociale.
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