Campo profughi di Cona: dieci migranti chiedono la residenza
CONA. «E ora mi chiedono anche la residenza». Parla dei migranti, il sindaco di Cona, Alberto Panfilio, enunciando l’ultima “grana” a cui si è trovato di fronte. Ha chiesto aiuto alla Prefettura per decidere come comportarsi.
Una decina di ospiti dell’ex base militare ha chiesto il riconoscimento della residenza nel territorio comunale, fornendo come indirizzo proprio la ex base militare, e pure la carta d’identità: insomma, vogliono essere conensi a tutti gli effetti. «Credo che, prima, dovrebbero dimostrare di avere lavoro e disponibilità di un alloggio, poi potremmo dare loro la residenza», afferma Panfilio. «Ho chiesto un approfondimento normativo agli uffici e ho scritto alla Prefettura. Per ora è tutto fermo».
Il timore del primo cittadino è che il suo Comune, oltre a dover fare fronte alle tensioni che derivano dalla presenza di tanti migranti in un’area così ristretta, si trovi anche a dover vagliare richieste di sussidi e aiuti nell’ambito dei servizi sociali. Per Cona, comune con meno di tremila abitanti che già fatica a soddisfare le richieste degli attuali residenti, sarebbe un grosso problema. La questione, però, potrebbe essere diversa.
Secondo qualche operatore della cooperativa, ai migranti l’accesso ai servizi sociali non interessa. Ma avere una residenza a una carta d’identità servirebbe a poter mantenere meglio i contatti con familiari e amici. Per esempio per comprare schede sim intestate a se stessi o usufruire dei servizi di money transfer verso il Paese d’origine. Cose che non si possono ottenere con il permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi che i profughi ricevono dalla questura dopo aver perfezionato, in commissariato, la domanda di asilo politico, e che quasi tutti gli ospiti di Conetta hanno già.
Se è vero, infatti, che quasi tutti i migranti dispongono di uno smartphone, è anche vero che, spesso, è intestato a qualcun altro che, con un regolare documento d’identità, fa incetta di sim e poi le rivende ai nuovi arrivati. Quanto al denaro, il solo pocket money giornaliero di 2,5 euro al giorno diventa un piccolo tesoro se trasferito nei Paesi di provenienza. La richiesta della residenza quindi, non sarebbe, ora, un tentativo di guadagnare qualcosa dal punto di vista assistenziale, ma lo potrebbe diventare.
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