Campanile pendente, "Va demolita l’intera cuspide"
PORTOGRUARO. Eliminare la cuspide del campanile per alleggerire la torre, diminuendo la compressione della muratura e contenere così i rischi di un possibile crollo, legati oltre che al fuori piombo anche allo schiacciamento. Questa è l’ipotesi emersa dal tavolo di lavoro in Prefettura. Il termine tecnico è smontaggio, ossia la demolizione e poi ricostruzione della cuspide in mattoni intonacati, più la cella campanaria (bifora e trifora in pietra) formata da laterizi e malta.
Tuttavia la Soprintendenza si è opposta a questo piano d’intervento poiché, essendo il bene vincolato, questa tecnica non è tra quelle riconosciute nel restauro conservativo, perché è pur sempre una demolizione; solo in certi casi è ammessa la ricostruzione di un bene, detta anastilosi, cioè quando si verifica un evento imprevedibile, come un sisma o un incendio. Nonostante ciò sarà necessario giungere a un compromesso per salvaguardare il campanile di Portogruaro. In questa corsa per ottenere il male minore, la muratura continua a comprimersi.
A seguito dei primi sei mesi di rilevamenti condotti dall’Università di Trento, a novembre 2017 si è ipotizzato con il consulente incaricato dal Comune, l’ingegnere Claudio Modena, nel peggiore dei casi un millimetro circa di schiacciamento all’anno nel punto più compresso. «Non sappiamo di quanto si sia compressa la muratura a oggi», ha detto l’architetto Damiano Scapin, responsabile unico del progetto, «ma a fine aprile avremo un monitoraggio di un anno e un dato utile a riguardo; moltiplicando quel dato per “n” potremmo anche fare una proiezione della compressione nel tempo e dire che il campanile potrebbe crollare non tanto perché sprofonda, ma perché si schiaccia e collassa su se stesso». Una parte dello schiacciamento deriva anche dalla pendenza, con un fuori piombo di 112 centimetri circa. Perciò gli esperti hanno suggerito l’installazione di travi metalliche per ridurre la compressione muraria: si tratta di mettere a nudo la struttura, imbragandola con dei placcaggi e poi ricostruire la muratura che era stata rimossa, facendolo per fasi, a blocchi.
«Per sapere se questo sarà l’intervento decisivo», ha aggiunto Scapin, «bisognerà applicare un placcaggio provvisorio in acciaio all’esterno, schiacciando tra loro le putrelle con dei tiranti a vista, per poi vedere dopo un anno di confinamento della muratura, se la compressione si arresta». Prima di iniziare i lavori è necessario capire la priorità degli interventi, aspettando la fine di un anno di monitoraggio per quantificare il nuovo trend preoccupante dello schiacciamento, per poi avere un progetto e mettere in sicurezza la torre campanaria.
Si tratta di tecniche conosciute, ma molto invasive; sono interventi molto delicati e rischiosi, specie quello del confinamento della muratura, usato nell’edilizia civile e non nelle strutture alte come questa. Ad ogni modo lo smontaggio sarà un unicum nel panorama nazionale per quanto riguarda la muratura intonacata; le tempistiche dei lavori, qualora si partisse dopo aprile/maggio, sarebbero dai due ai tre anni, tenendo conto ovviamente delle variabili non stimabili. Pare proprio, dopo anni di incertezze, che si sia arrivati a un protocollo d’intesa tra le parti oltre che a un reale consapevolezza sul da farsi per tutelare un bene in pericolo e l’incolumità pubblica.
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