Camorra a Eraclea. Gli affari di “famiglia” nel processo ai Casalesi
Interrogato Puoti, il cognato e contabile di Donadio: «Lui era allergico a pagare tributi». L’avvocato Pavan nega di aver conosciuto il boss
ERACLEA. Affari di famiglia - tra società e case all’asta - ieri al centro dell’udienza in aula bunker al “clan dei casalesi di Eraclea”. Con due filoni di racconto distinti: in mattinata, l’interrogatorio di Giuseppe Puoti, il cognato contabile di Luciano Donadio, che per ore ha risposto alle domande del pm Roberto Terzo sulle società del “capo clan”; nel pomeriggio, la difesa dell’avvocato Emiliano Pavan, accusato dalla pm Federica Baccaglini di aver partecipato come consulente legale all’asta di una casa per conto di Angelo Di Corrado, commercialista del gruppo, mente delle false fatturazioni e prodigo di ricostruzioni a favore delle indagini.
Di Corrado ha già testimoniato che il progetto era quello di intestarla alla figlia dell’allora compagna Milva Zangrando, ma che aveva avuto paura della reazione dell’ex marito di lei, che partecipava all’asta.
Così aveva chiesto aiuto a Donadio, che avrebbe mandato suoi uomini a “dissuadere” l’emissario del consorte dal partecipare alla gara, mentre l’avvocato Pavan (è l’accusa)avrebbe fatto anche lui pressioni.
«Non ho mai conosciuto Donadio se non forse qualche “buongiorno, buonasera” in studio da Di Corrado, non ho mai saputo chi erano gli altri partecipanti all’asta e non ho mai saputo che l’emissario fosse stato avvicinato da alcuno: gli avrei consigliato di denunciare tutto ai carabinieri», dice parlando a raffica per oltre tre ore l’avvocato Pavan (difeso dall’avvocato Ettore Santin).
La pm Baccaglini gli contesta che lo stesso commercialista che aveva gestito l’asta ha messo a verbale di aver detto a Di Corrado di aver ricevuto un’offerta migliorativa rispetto alla sua e che l’emissario ha confermato di aver ricevuto una visita notturna non sa da chi e di averne parlato a Pavan.
«A me nessuno non ha mai detto di terzi partecipanti o offerte migliorative», sostiene il legale, «mi disse solo che sarebbe partito dall’offerta migliorativa ricevuta. L’emissario mi aveva chiesto un incontro per parlare insieme all’ex marito della signora Zangrando, ma ho rifiutato: rappresentavo un altro cliente. Me li sono ritrovati al bar, ma sarà durato due minuti e non sapevo che la signora Zangrando Di Corrado avessero una relazione ».
Quando a Giuseppe Puoti, collegato dal carcere, tanti «non ricordo» e rassicurazioni che lui, al cognato, «davo solo consigli tecnici quando me li chiedeva e gestivo le buste paga di alcune società».
Il pm Terzo gli chiede delle false assunzioni e fatture alla serigrafia Enjoy: «Qualcuna ho avuto sensazione fosse fittizia, perché non ho visto cantieri». Puoti dice di aver detto parecchi “no” al cognato. Il pm gli contesta un’intercettazione con Christian Sgnaolin, al quale avrebbe suggerito di «far rubare» i libri contabili della King per farli sparire.
Lui dice che in generale aveva visto «anomalie» e per questo non aveva voluto tenere la contabilità delle aziende di Donadio - «Mio cognato era allergico a pagare i tributi» - con il quale pure i rapporti familiari erano ottimi, tanto da entrare in socità per la gestione della manutenzione del Golf di Jesolo: ma andrà male. L’avvocato di Donadio, Renato Alberini domanda: «L’ha sempre pagato per il lavoro che svolgeva?». «Sì, sempre, in base alle mie fatture». L’avvocato Gentilini: «Ha mai ricevuto minacce da Donadio?». Risata: «Mai». —
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