Camera di Commercio vendere a Venezia per pagare Mestre

Dietro la decisione di chiudere, i costi della nuova sede Appello Cgil e Uil: «Uno sperpero l’abbandono della città»
Vendere e chiudere la sede veneziana della Camera di Commercio - il più presto possibile - per fare cassa e recuperare così risorse per affrontare la costosa realizzazione della nuova sede di terraferma sui terreni di Ca’ Foscari in via Torino. Sembra questa la strategia dell’Ente camerale che lo ha portato a decidere - smentendo i propositi annunciati dal presidente Giuseppe Fedalto all’inaugurazione della sede restaurata, quattro anni fa - di cedere la sede di Calle Larga XX Marzo, appena recuperata con una spesa di una decina di milioni di euro.

Una sede per cui nell’ultimo anno la Camera di Commercio ha continuato a spendere circa 70 mila euro nell’utimo anno di incarichi professionali per pratiche di frazionamento e cambi d’uso di parti dell’edificio. Gli ultimi 50 mila circa ancora all’inizio di aprile. E c’è chi sostiene che ci sarebbe già una manifestazione di interesse ancora secretata per l’acquisto, magari per realizzare qui l’ennesimo albergo.

Come ricorda anche una delibera dell’inizio di aprile della Giunta Camerale di Venezia e Rovigo che ha dato il via libera all’operazione-via Torino, tutto nasce dall’esigenza di individuare un’unica sede per l’ente camerale e la controllata Stazione sperimentale del Vetro appunto nell’area avuta in concessione in via Torino, lasciando Venezia e il fabbricato in via Forte Marghera.

Una nuova sede da circa 22 milioni e mezzo di euro, di cui 15 milioni con un mutuo trentennale da Cassa Depositi e Prestiti, circa 2,8 cedendo la sede di via Forte Marghera e recuperando altri 4 milioni e 660 mila euro circa di risorse proprie. Di qui l’esigenza di vendere al più presto Venezia, spostando anche i circa 40 dipendenti attuali. Prospettiva su cui sono contrari anche i sindacati.

«Come Cgil e Uil non possiamo che sostenere l’appello dei lavoratori, risalente all’aprile scorso, di non cedere la sede storica della Camera di Commercio di Venezia – dichiarano Daniele Giordano (Cgil) e Mario Ragno (Uil)- perché proprio le componenti operose del mondo del lavoro non possono arrendersi alla trasformazione di Venezia in una luna park turistico. Inoltre crediamo sia utile ribadire che non è mai stato chiesto al personale di trasferirsi a Venezia e non è mai stato aperto alcun tavolo di confronto in tal senso. La scelta di dislocare la maggior parte dei servizi a Mestre intercetta la volontà di numerose imprese e cittadini e non dipende dai lavoratori spostarsi. Gli importanti investimenti di risorse pubbliche sulla sede di Venezia, sia per valorizzarla che per porla a profitto, diverrebbero un vero e proprio sperpero se si procedesse oggi ad una alienazione difficilmente vantaggiosa se, in questi mesi, non si è riusciti nemmeno a locare gli spazi».

«La forza della Camera di Commercio - continuano i sindacalisti - sta anche nelle professionalità e nelle capacità dei propri dipendenti che sono sicuramente una componente essenziale dei risultati che si stanno ottenendo e che, anche in solitaria, si sono battuti per la difesa del sistema camerale che in molti volevano chiudere e hanno compreso la fusione tra la Camera di Venezia e quella Rovigo ma, questo, non può trasformasi in un abbandono di Venezia. Serve una strategia di rilancio della sede di Venezia della Camera di Commercio che tenga insieme il mantenimento delle nostre radici con l’esigenza di reperire risorse, anche valutando di mettere in discussione la molto onerosa scelta di avere una nuova sede a Via Torino».

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