Camera di Commercio gli uffici se ne vanno
«Nel silenzio e nella rassegnazione generale Venezia si avvia a diventare una non città. Ridotta a un’area di visitatori e visitati, che si mettono in mostra e si vendono senza più decidere sui propri destini. Il trasferimento in terraferma della Camera di Commercio è un altro segno della decadenza». Un allarme disperato, quello lanciato da Gianni De Checchi, segretario veneziano della Confartigianato, a nome dei suoi iscritti.
L’ultima notizia dell’esodo in terraferma di attività direzionali è quello del trasferimento degli uffici della Camera di commercio dalla storica sede di via XXII marzo, dove da pochi anni si sono conclusi importanti restauri costati 10 milioni di euro.
«Mentre altri lasciano Venezia la Camera di commercio ha deciso di restare», aveva annunciato all’inaugurazione del palazzo della Borsa restaurato il presidente Giuseppe Fedalto. Invece in questi giorni è stato affidato un incarico alla società TecnoserviceCamere per la realizzazione di una nuova sede in via Torino, costo 22 milioni di euro, con un nuovo mutuo di 15 milioni con la Cassa Depositi e prestiti. Saranno riunificate le sedi di Mestre, Marghera e Venezia, ma la città storica perde un altro importante centro direzionale. Il palazzo della Borsa, circa 5 mila metri quadrati, sarà adibito ad altri usi. «Venezia è bella ma scomoda», ha dichiarato Fedalto, nominato proprio in questi giorni nel Consiglio generale della Fondazione di Venezia, «non riusciamo a obbligare i dipendenti a venire qui».
Una decisione che farà discutere, anche perché dalla sede di Venezia se ne andranno così 40 persone.
«Un tempo su una cosa del genere ci sarebbe stato come minimo un Consiglio Comunale straordinario», scrive De Checchi, «e la Politica veneziana, quando aveva la “P” maiuscola, avrebbe messo in campo tutta la sua capacità di mediazione. Oggi sembra che la cosa non interessi a nessuno. L'asse strategico si sposta sempre più fuori da Venezia, anche per quelle realtà come quelle direzionali di alto profilo che sono altamente compatibili con il fragile tessuto della città lagunare e che bisognerebbe fare di tutto per trattenere». Ma nel disinteresse generale, la Camera di commercio se ne va. Lasciando liberi spazi strategici. «Il mantenere un ufficio con un bel lampadario per qualche ricevimento non sarà altro che la firma sulla decadenza», continua De Checchi, «causata più da queste cose che dall'acqua alta. L'acqua alta i veneziani l'hanno sempre gestita, la perdita di centralità no».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia