«Calzature del Brenta a rischio estinzione»
STRA. «Il rischio che emerge dai dati di Cna è grande: nel giro di qualche anno il distretto della calzatura della Riviera del Brenta potrebbe fare la fine di quello di Prato, cioè finire totalmente in mano ai cinesi. Questo succederà se non si interviene con forza a fermare le aziende prevalentemente cinesi che lavorano in nero e senza alcuna regola».
A lanciare il grido d’allarme è Riccardo Colletti segretario provinciale della Filctem Cgil dopo la precisa analisi sul distretto della calzatura fatta da Cna Veneto. Dai dati Cna infatti dal 2009 al 2015 le imprese calzaturiere a titolare cinese delle province di Padova e Venezia sono aumentate del 40,6%, mentre quelle a titolare italiano sono diminuite del 12,6%. Per la Cna del Veneto è in atto una vera e propria “sostituzione”. Ad esserne vittime sono le imprese nostrane che non hanno potuto reggere l'urto della concorrenza sleale: in sei anni ne sono state perse 77. E ora bisogna stare attenti perché per il distretto del calzaturiero del Brenta secondo la Cgil, potrebbe concretizzarsi l’incubo Prato. I numeri del distretto della calzatura sono importanti : ha un fatturato di 1,8 miliardi, 10 mila addetti e 939 imprese dell'indotto (cuoio e calzature). È un distretto fortemente vocato all'export (90%) e riconosciuto per qualità dei prodotti nel mondo. Ma quello che emerge in merito alle aziende cinesi che vi lavorano è sconcertante: «Dai dati Cna - spiega Colletti- il tasso di mortalità medio delle imprese cinesi è di 2 anni: e cioè esattamente il periodo obbligatorio per il primo versamento di imposte dirette ed indirette, nel 70% dei casi con personale in nero o impiegato irregolarmente. Questo significa che a queste aziende con qualunque nome si presentino, il lavoro in questo comparto viene garantito da altre imprese».
Filctem Cgil nel corso degli anni ha istituito un numero verde per poter segnalare aziende locali che si servivano da aziende che non rispettavano alcuna regola in campo previdenziale o di sicurezza o nei luoghi di lavoro ma questo ormai non basta più. Si sta procedendo poi rapidamente alla costruzione del Marchio Made in Riviera del Brenta con un iter certificato. «La situazione - dice Colletti - è tale che ormai in certi segmenti del comparto se non si chiudono i rubinetti a queste aziende che lavorano in maniera illegale, saranno loro prima o poi a dettar legge diventando la maggioranza di quelle presenti sul territori».
Alessandro Abbadir
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