Calci, sberle e violenze sulla moglie per decenni. Patteggia 30 mesi
La donna, di Scorzè, aveva subito dal 1981 senza mai denunciare. A chiamare i carabinieri alla fine erano stati figlia e genero
Db Milano 19/06/2013 - violenza sulle donne / foto Daniele Buffa/Image .nella foto: violenza sulle donne
SCORZE'. C’è un numero che non può che colpire nell’imputazione formulata dalla sostituto procuratore Patrizia Ciccarese a carico di un 58enne di Gardigiano, di cui non forniamo le generalità ad esclusiva tutela della vittima. Questo numero è il 1981. Secondo l’accusa è da quell’anno che l’uomo alzava le mani sulla moglie. Sberle, calci, in un’occasione un sacchetto di plastica messo in testa alla consorte. Episodi reiterati, mai gravi al punto da richiedere per la donna le cure del pronto soccorso. Lei aveva subìto senza mai denunciare. Lo avevano fatto per lei la figlia e il genero lo scorso giugno, al culmine dell’ennesimo litigio, per sedare il quale erano intervenuti i carabinieri. Ieri il “padre padrone”, difeso dall’avvocato Mauro Serpico, ha patteggiato la pena di 2 anni e 6 mesi, in continuazione con una condanna a 9 mesi del 2015, davanti al giudice per l’udienza preliminare Andrea Battistuzzi.
Al patteggiamento è stato possibile arrivare dopo l’accordo sulla pena tra accusa e difesa e dopo che l’uomo ha risarcito la moglie con 15mila euro. L’avvocato Serpico ha chiesto la sostituzione degli arresti domiciliari con il divieto di avvicinamento alla parte offesa e il giudice si è riservato la decisione. La pm, che per il 58enne aveva chiesto il giudizio immediato, ha dato parere favorevole all’alleggerimento della misura.
Il 58enne era stato arrestato alla fine di giugno in esecuzione dell’ordinanza firmata dalla gip Marta Paccagnella e portato in carcere, dove era rimasto circa un mese, prima di ottenere i domiciliari. I maltrattamenti nei confronti della consorte avvenivano spesso dopo che l’uomo aveva abusato di alcolici e a quel punto nulla poteva fermarlo. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso risale a giugno, quando il genero si era allarmato per le urla che arrivavano dalla casa dei suoceri. Aveva riferito di aver trovato il 58enne che dava calci e pugni in faccia alla donna. Lui l’aveva anche trascinata in giardino, minacciandola di colpirla con una coltellata. Il genero si era messo in mezzo, cercando di difendere la suocera e di impedire al 58enne di andarsene in auto. L’uomo di tutta risposta lo aveva caricato e trasportato sul cofano, dove era rimasto aggrappato per circa duecento metri, fino all’arrivo dei carabinieri.
Dopo essere stata salvata, la donna era stata sentita dai militari dell’Arma. Aveva cercato di minimizzare l’accaduto, rifiutando anche di farsi medicare per le ferite che aveva riportato nell’aggressione da parte del marito. Segno per gli inquirenti di quel muro di silenzio, e forse anche di rassegnata accettazione della violenza, che era stato alzato per almeno tre decenni all’interno di quel nucleo familiare.
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