Caffè al bar a 90 centesimi nessun rialzo per la crisi

CHIOGGIA. Nessun rialzo per il costo del caffè in città: il prezzo della tazzina si attesta a 90 centesimi per Chioggia e a un euro per Sottomarina. Un po' per evitare di forzare troppo sulle magre disponibilità dei clienti, un po' per cercare di non dare opportunità alla concorrenza, i bar della città preferiscono non ritoccare al rialzo il costo dell'espresso, mantenendolo ai livelli dello scorso anno.
Se in altre realtà della provincia, come a San Donà, il prezzo è salito a 1,10 euro, a Chioggia i baristi preferiscono evitare aumenti.
Alcuni locali del centro città mantengono il costo dell'espresso ancora a 80 centesimi. In molti bar di corso del Popolo, comunque, il costo si ferma a 90 centesimi, a differenza del centro di Sottomarina, dove viene servito generalmente a un euro.
Prezzi in linea con la media nazionale (poco più di 90 centesimi) quindi, ma gli esercenti locali lanciano l'allarme e spiegano che i margini di guadagno dei locali si stanno gradualmente contraendo.
«Quella della tazzina del caffè sembra una metafora che chiarisce appieno la situazione economica del Paese», spiega la Confesercenti, «la crisi non accenna a diminuire e i commercianti sono dubbiosi. Devono scegliere se aumentare il prezzo di merci e servizi, come sarebbe necessario visto il generalizzato aumento dei costi, o tenere duro, sapendo che un aumento potrebbe contribuire a deprimere ulteriormente i consumi. A questo si aggiunge l’incertezza sugli aumenti tariffari e della tassazione locale e centrale. Una giungla che, peraltro, contribuisce a rendere estremamente diversa la situazione delle imprese tra città e città». Per quanto riguarda la tazzina, per la Confesercenti dovrebbe costare di più.
«Secondo i nostri calcoli», spiega Maurizio Franceschi, direttore provinciale Confesercenti, «una tazzina di caffè non dovrebbe costare, oggi, al di sotto di 1 euro e 20. Fino ad ora, tuttavia, almeno in gran parte della nostra provincia un estremo senso di responsabilità da parte della categoria ha fatto sì che tutti gli aumenti verificatisi negli ultimi anni fossero assorbiti dalle aziende e non riversati sui consumatori». Ma i principi del libero mercato, in questa fase recessiva, fanno sì che i prezzi restino calmierati e che si verifichi una forma di concorrenza anche nel proporre in vendita l'irrinunciabile espresso.
«Le associazioni di categoria», conclude Franceschi, «non possono più fornire indicazioni e suggerimenti agli operatori. Va da sé che gli esercenti operano in regime di libero mercato e si comportano come meglio credono».
Andrea Varagnolo
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