Cadoro ricorre al Tar «Pronti a chiedere i danni al Comune»

MOGLIANO. «Uno schiaffo»: nel suo ricorso al Tar è così che l’avvocato Francesco Acerboni, in rappresentanza del gruppo Cadoro, definisce il primo e unico provvedimento del nuovo consiglio comunale sul tema dell’area ex Macevi. Sono bastati pochi mesi, alcuni riservatissimi incontri e un voto a colpi di maggioranza per accendere la miccia di una nuova battaglia legale. La norma anti-Cadoro, approvata nell’aprile scorso, non è piaciuta ai nuovi proprietari dell’area ex Macevi.
Quella che doveva essere la fase due del progetto di riqualificazione del centro storico inizia già incespicando tra incarichi legali, ritardi e reticenze. Il proprietario del gruppo Cadoro, Cesare Bovolato, dopo la modifica "strategica" del piano del commercio voluta dalla giunta Arena, non aveva voluto commentare. A parlare per lui, sono però le accuse presenti nel ricorso con cui si chiede al Tar del Veneto l’annullamento della delibera consigliare: «La decisione impugnata» scrive l’avvocato mestrino per conto del patron Cadoro «è stata assunta non per un preciso, dichiarato, obiettivo di pubblico interesse urbanistico, bensì per paralizzare l’iniziativa economica privata già in corso».
L’impugnazione si chiude con la formula di rito: «riservata domanda di risarcimento del danno causato dell’illegittimità dell’atto». In soldoni: "se va a finire male, vi chiederemo i danni".
Per chi fa fatica ad orientarsi, un piccolo riassunto delle puntate precedenti: nel 2005 nasce Molius, società mista detenuta al 47,75% dal comune, proprietaria dei terreni e dei diritti edificatori dell’area ex Macevi. Nel 2012, sotto il peso delle diatribe politiche, la riqualificazione sfuma e la società viene dichiarata fallita, con 11 milioni di debiti. Le aste vanno deserte. Per incentivare l’acquisto dei terreni, nell’aprile 2014, l’amministrazione Azzolini inserisce nel piano comunale del commercio, la possibilità di insediare in centro storico una struttura commerciale di medie dimensioni.
L’interesse di Cadoro era già nell’aria. Fine 2015: l’area ex Macevi va di nuovo all’asta. Questa volta fa gola a tre diverse compagini societarie, tutte attive nel settore dei supermercati. Ad aggiudicarsela, dopo un testa a testa con il gruppo Famila, è proprio Cadoro al prezzo di 6 milioni di euro. Ancora aprile, ma 2016, giunta Arena, a due anni dall’insediamento modifica il piano del commercio e fa sparire l’insediamento commerciale previsto. Cadoro risponde allo "sgambetto" depositando a metà luglio il ricorso contro quello che definisce un «improvviso revirement comunale», «ad personam», «adottato con il solo obiettivo di negoziare col nuovo proprietario da una posizione di forza».
Giallo nel giallo, questo ricorso finora era rimasto chiuso nei cassetti del comune: «Dopo mesi di richieste e indagini, grazie, ad un nostro accesso agli atti», dice l’ex sindaco Giovanni Azzolini, ora consigliere d’opposizione, «emerge ciò che gli uffici comunali, il sindaco e l’amministrazione avevano tenuto nascosto alla cittadinanza e al consiglio comunale. L’avvocato di Cadoro sostiene che il comune abbia, di fatto, messo sotto ricatto il gruppo della grande distribuzione. Siamo allo sbando, meglio per tutti revocare immediatamente questa sciagurata delibera viziata da eccesso di potere e da tanti errori, prima che a farne le spese siano tutti i cittadini. Se dovesse vincere il ricorso, Cadoro chiederà oltre al rimborso delle spese anche i danni subiti; si parla di milioni di euro». Come intende difendersi il comune da questo ricorso? «La giunta» segnala Azzolini «non ha neppure incaricato un avvocato per difendersi, pur avendone pagato uno migliaia di euro per scrivere una convenzione urbanistica sulla area ex Macevi».
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