Cade il governo, PaTreVe a rischio. Orsoni: «Avanti lo stesso»

Il decreto di riordino delle Province con tutta probabilità sarà archiviato. Per il sindaco di Venezia Orsoni «cambia poco, noi andremo avanti lo stesso»
Coltro Interpress Venezia 30.03.2010.-Woody Allen alla "Fenice". Nel palco reale Giorgio Orsoni con il sindaco di Padova Zanonato
Coltro Interpress Venezia 30.03.2010.-Woody Allen alla "Fenice". Nel palco reale Giorgio Orsoni con il sindaco di Padova Zanonato

VENEZIA. Il rischio che decada il decreto di riordino delle Province, comprese le norme per l’attuazione delle Città metropolitane, è ritenuto dal sindaco di Venezia Giorgio Orsoni «non del tutto improbabile, in queste ore». La mancata attuazione della ridefinizione delle Province come previsto, però, per Orsoni cambia poco: «La strada - ha spiegato in occasione del convegno “Le dimensioni e i progetti di Venezia Metropoli” organizzato dalla Fondazione Venezia 2000 - è già segnata dalla legge 135, approvata in agosto. Anche se il decreto dovesse decadere, la Città metropolitana di Venezia andrà quindi avanti nel modo previsto dalla legge».

«Quel che cambia - ha aggiunto - è solo l’ambito, ma non per tutte le Città metropolitane previste, bensì solo per quelle che potevano avere diversi ambiti come Milano, Firenze e come avrebbe potuto essere anche Venezia». Nè, quindi, cambia alcunchè nemmeno nella prospettiva di un’elezione diretta degli amministratori del nuovo ente. «L’elezione diretta - riprende Orsoni - non c’è mai stata. C’erano degli emendamenti dell’Anci per mettere in chiaro il sistema normale che vedeva nel sindaco del capoluogo il sindaco metropolitano, con l’elezione dei consiglieri come elezione di secondo grado, come per le Province».

Una precisazione è d’obbligo, per il sindaco di Treviso, Gian Paolo Gobbo, quando si parla di Città Metropolitana: «Non parlerei tanto di “Città”, quanto di “Area metropolitana”: un concetto - dice - che già c’è a livello regionale e che sarebbe quindi attuabile se solo ci fosse la volontà». È per questo che Gobbo, pur spiegando che «si tratta di temi che io subisco, non che io decido», non sembra preoccupato dal rischio che decada il decreto di riordino delle Province, precludendo a livello nazionale l’estensione della Città metropolitana anche oltre il territorio provinciale di Venezia. «La Patreve - riprende - è un concetto che viene da lontano e credo che bisognerà arrivare proprio a questo per quest’area del Nordest e del Veneto, che ha caratteristiche particolari rispetto al polo veronese, che guarda al Brennero, a La Spezia e Genova e a al quale non interessano l’Adriatico e la Pedemontana Veneta. Se noi non saremo capaci di aggregarci, a livello di aziende e infrastrutture temiamo di subire questa situazione».

Gobbo guarda anche a una possibile congiunzione di quest’area metropolitana anche al Veneto occidentale e alla provincia montana bellunese, «creando una sorta di capitale reticolare come sono le moderne capitali europee, ad esempio Barcellona, che dopo le Olimpiadi è arrivata a otto milioni di abitanti. Dovrebbe essere questo il fine per cui attivarci, sia per le economie che per la concorrenza internazionale». Il primo passo da compiere, però, va effettuato a livello regionale. «I margini della manovra nazionale ci sono già da anni nella legge regionale, che prevede la possibilità, con referendum, di costituire delle macroaree. Anche per campanilismi mai sopiti - conclude - questo non è mai stato portato avanti e si può parlare di un’occasione persa, com’è stata per noi la Venezia-Monaco non fatta, che sarebbe diventata oggi come la Brennero-Modena per l’area occidentale. L’identità non deve essere un problema, ma la nostra forza, si tratta quindi solo di una questione economica e politica di macroaree».

«Questo Governo presentava una maggioranza molto complicata, con un’intrinseca debolezza che è stata inizialmente compensata dalla necessità di fare cose molto difficili, ma fondamentali. La situazione è precipitata perché il centrodestra ha ritenuto che la situazione non lo avvantaggiasse più». Questa la lettura che il sindaco di Padova, Flavio Zanonato, dà della crisi di Governo. «Sarebbe stato meglio - aggiunge - far passare un ulteriore mese senza creare una situazione drammatica che si sta traducendo sui mercati. Ma la situazione è questa ed è da qui che dobbiamo partire per trovare nuove soluzioni». Zanonato, parlando a margine di un convegno a Venezia, dedica invece una sola battuta ai rapporti di forza determinatisi nel Pd dopo le primarie: «Se Bersani è il re - dice -, Renzi è una regina all’interno del nostro schieramento».

«Allo stato attuale stiamo vivendo una contraddizione continua: da un lato vorremmo una Città-Regione come la Patreve, dall’altro c’è la Regione che tende a riappropriarsi delle funzioni come impiego, formazione, turismo e urbanistica, senza migliorare tempi e qualità delle risposte». La presidente della Provincia di Venezia, Francesca Zaccariotto, ha dato questa lettura, nel convegno alla Fondazione di Venezia, della situazione vissuta dall’ente di Cà Corner, il più interessato dalla riorganizzazione territoriale che porterà alla futura Città metropolitana di Venezia. Sul passaggio parlamentare di mercoledì, anche Zaccariotto ha ribadito: «rimane aperta la questione dell’aggregazione e delle attribuzioni di funzioni e competenze; ma, a differenza delle altre Province, per la Città metropolitana tutto è definito, scadenze comprese, dalla legge 135». La presidente della Provincia di Venezia ha dato anche una lettura politica. «Il Pdl - ha osservato - è arrivato un pò tardi: la posizione da assumere sul Governo Monti doveva essere presa prima e anche i cittadini avrebbero capito. Ora, invece, c’è un territorio distrutto, il pesante problema occupazionale, le imprese che si fondono o chiudono: bisognava pensarci prima. La Lega, invece, parlava della necessità di riorganizzare istituzioni e territorio per dare risposte in tempi più veloci. Non possiamo pensare a una burocrazia che allunga i tempi: c’è qualcosa che non funziona. Le organizzazioni vanno rianalizzate in termini di principi di efficacia ed efficienza, non distruggendo istituzioni e servizi. È sbagliato pensare che dando nuove attribuzioni alle Regioni si accorciano i tempi. E i Comuni, per le limitate disponibilità economiche, non sono in grado di prendersi alcuna nuova competenza».

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