Caccia alle nutrie, c’è libertà di sparare
VENEZIA. Il verdetto sul destino delle nutrie arriverà martedì 17 e sarà senza appello. Falliti i tentativi di contenimento della specie invasiva, rapidamente proliferata a qualche milione di esemplari nel Veneto, il Consiglio regionale ne autorizzerà lo sterminio sistematico, senza limiti di tempo né di spazio.
La legge che mira «all’eradicazione del myocastor coypus» (si chiama così) è già stata messa a punto e dispone di un’ampia maggioranza in aula e soltanto il protrarsi della discussione serale, martedì 10, su alcuni emendamenti ha determinato lo slittamento del voto finale.
Sotto accusa, naturalmente, i danni provocati dai roditori alle colture agricole e soprattutto il rischio idraulico causato dalla loro attitudine a scavare lunghe gallerie e tane sotterranee nei pressi degli argini fluviali, aggrediti e letteralmente erosi perché le nutrie, erbivore, si cibano delle piante e dei biotipi che accompagnano l’idrografia superficiale. Picchi di rischio vengono segnalati nel Padovano, nel Veneziano e in Polesine dai tecnici dei Consorzi di bonifica, i cui rapporti allarmati (abbinati alla protesta degli agricoltori) hanno ha convinto i consiglieri ad agire in modo radicale.
Ma chi provvederà all’eliminazione di massa e quali strumenti potrà utilizzare? Il testo legislativo prevede l’impiego di armi da fuoco - da parte di persone dotate di porto d’armi, non esclusivamente cacciatori - di trappole e di sostanze chimiche quali esche avvelenate e contraccettivi. In un primo tempo erano state ammesse anche “armi da lancio” - archi, balestre, fionde, giavellotto - poi stralciate perché giudicate non sufficientemente efficaci. I “gruppi di fuoco” comprenderanno anzitutto la polizia provinciale e i guardacaccia, e chi vorrà affiancarli nell’operazione - dai cacciatori ai coltivatori, ai “volontari” in vena di tiro al bersaglio - dovrà superare un corso d’addestramento organizzato dalle Province (dalla Città metropolitana nel caso di Venezia) che stileranno i piani di abbattimento annuale, coordineranno gli interventi sul territorio di competenza e rilasceranno i patentini nominali. Le nutrie potranno essere braccate in ogni periodo dell’anno, sia di giorno che di notte, anche nelle oasi protette perché la loro eliminazione non è equiparata ad attività venatoria. Non è tutto: la legge, finanziata con 500 mila euro per il secondo semestre dell’anno, prevede rimborsi-spesa e perfino incentivi a chi porterà le carcasse animali nei centri di raccolta per lo smaltimento finale.
In aula, l’urgenza del provvedimento è stata illustrata dal relatore leghista Gianpiero Possamai: «I precedenti tentativi di limitare la diffusione delle nutrie hanno avuto scarso successo perché l’azione dei Comuni è stata discontinua nonché ostacolata da frequenti ricorsi amministrativi. Perciò la legislazione nazionale le ha assimilate alle “specie infestanti” quali topi e talpe, riconoscendo una situazione di seria allerta idrogeologica».
Nel dibattito, scintille ultrà tra Sergio Berlato e Andrea Zanoni, mentre i gruppi hanno sostanzialmente convenuto sulla necessità delle misure - «Arrivano semmai in ritardo», il commento di Pietro Dalla Libera (Veneto civico) - con una riserva, non di poco conto, espressa da Patrizia Bartelle del M5S; poliziotta in aspettativa, la rodigina ha concordato sulla gravità dei danni causati agli argini fluviali e sull’opportunità di agire in modo drastico ma ha messo in guardia contro lo «sparo libero» da parte di persone «non adeguatamente addestrate all’uso delle armi», invitando a restringere la cerchia degli addetti all’eliminazione. Sul punto, la discussione riprenderà martedì.
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