Caccia al via, primo incidente e polemiche
VENEZIA. Primo giorno di caccia per le 4.200 doppiette veneziane, tra polemiche e incidenti. Un cacciatore si è ferito a un piede con un colpo partito accidentalmente dal suo fucile, mentre le varie organizzazioni venatorie si mobilitano e protestano contro la nuova legge regionale voluta per garantire il nomadismo venatorio.
L’incidente, il primo, è avvenuto ieri mattina all’alba. E per fortuna non ha avuto conseguenze letali per il protagonista. Si tratta di L.M., 63 anni di Caorle, che si è sparato sul piede mentre stava cacciando nella zona di Torre di Mosto. Un colpo partito accidentalmente, forse inciampando, dal suo fucile calibro 12. Il risultato: un piede spappolato e l’allarme fra tutti i cacciatori della zona che hanno chiamato i soccorsi, impressionati da quella visione dell’arto dilaniato dallo sparo. L’ambulanza del 118 lo ha trasportato d’urgenza al Pronto soccorso dell’ospedale di San Donà. I medici hanno preso in consegna il cacciatore per una prima visita, predisponendo poi il trasferimento all’ospedale di Portogruaro per un delicato intervento chirurgico nella speranza di salvargli il piede.
Se nel veneziano i cacciatori sono 4.200, presto potranno essere molti di più per effetto del nomadismo venatorio ammesso dalla Regione con l'ultima legge (la 18 del 27 giugno scorso) che disciplina il settore. Legge contestata non solo dal fronte animalista. Mai come quest’anno la stagione si apre in uno scenario confuso, carico di veleni e di accuse incrociate, con l’assessore regionale Giuseppe Pan nel mezzo del fuoco e gli stessi cacciatori divisi.
Il principio del “nomadismo venatorio” (articoli 57 e 58 della legge, proposti dal consigliere Berlato), che dal 1° ottobre al 30 novembre elimina i confini degli ambiti territoriali di caccia, consentendo ai cacciatori di inseguire per 15 giorni l’avifauna migratoria, ha prodotto in prima battuta una sollevazione trasversale, nella quale si sono fatti coinvolgere anche tanti cacciatori, soprattutto quelli di Federcaccia. E immediatamente dopo una serie di ricorsi che hanno spinto il Consiglio dei ministri a impugnare la legge veneta davanti alla Corte Costituzionale. In attesa di un pronunciamento, la legge è comunque in vigore. A completare il quadro di confusione, ci sono poi anche tante novità, dal tesserino a lettura ottica (che dovrebbe comunque semplificare le verifiche) alle giornate in cui sparare - tre a scelta su cinque, martedì e venerdì sono vietati - dall’abolizione della preapertura per il colombaccio alla caccia aperta tutto l’anno nei campi di addestramento cani, per finire con la riduzione del territorio regionale protetto, che passa dal 21 al 20 per cento, tagliando di qualche migliaia di ettari le oasi vietate alle doppiette.
Il fronte protezionista parla di “deregulation pericolosa”, e di “estremismo venatorio” con una persecuzione senza calendari e con l’aggravante dei controlli mai sufficientemente puntuali.
Di fatto, il Veneto si conferma molto liberale anche nelle scelte delle specie da cacciare. È consentito, per esempio, sparare ai cormorani (ma l’Ispra non lo ammette perché il censimento è in corso e fino alla fine non sono previste misure di contenimento della popolazione), e anche al combattente e alla moretta - e questo si traduce in multe salate da parte dell'Unione Europea. E si permette di sparare in modi che la legge statale non prevede, per esempio alle anatre dalle imbarcazioni, oltre al fatto che con le nutrie e i cinghiali si è ampliato il “luna park” dei cacciatori, ai quali si vuole garantire sempre un buon livello di divertimento.
Giovanni Cagnassi
Carlo Mion
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