Ca’ Sagredo, cessione fittizia. Sequestrate quote dell’hotel
Venezia. Sequestrate le quote dell’hotel delle mani di Quinn. Operazione della Guardia di Finanza di Monza, 21 arresti e l’ombra dell’ndrangheta. L’hotel Ca’Sagredo è finito nell’inchiesta “Domus Aurea”, con al centro l’imprenditore lombardo Giuseppe Malaspina. È tra il 2008 e il 2009 che Malaspina sbarca a Venezia con due acquisizioni.
La prima riguarda appunto Ca’ Sagredo e successivamente San Giobbe. All’epoca il palazzo che poi diventerà hotel, ospitava 21 alloggi, un ufficio postale e la sede Inail. Un investimento notevole soprattutto per il recupero. L’operazione più sospetta però la fa acquisendo il vecchio orto botanico e degli edifici dell’Enel a San Giobbe. Spende una cifra ben superiore al valore dell’area e degli edifici. In molti si chiesero perché?
Giuseppe Malaspina e gli altri indagati nell’inchiesta della Procura di Monza per reati fallimentari sono accusati di aver predisposto atti «finalizzati a una apparente legittimità formale per sottrarre dalla massa fallimentare della Ideo, la società di cui l’imprenditore era amministratore, le partecipazioni nelle società proprietarie dell’hotel Gritti di Milano e Ca’ Sagredo di Venezia».
«Tra questi atti» è scritto nel capo d’imputazione «anche il verbale di assemblea della Ideo in cui era stata deliberata la cessione delle quote dell’hotel Ca’ Sagredo alla “scatola vuota”Duomo», intestata a una collaboratrice di Malaspina. Per la cessione della «partecipazione totalitaria nella società Ca’ Sagredo Hotel srl», la società Duomo aveva pattuito 10mila euro, peraltro mai versati nelle casse sociali, mentre il valore stimato dalla curatela fallimentare era pari a oltre sette milioni.
Ma chi è Giuseppe Malaspina? Sessantacinque anni, è nato a Montebello Jonico, giovanissimo si trasferisce a Vimercate dove, negli anni costruisce il suo impero di società che operano principalmente nel settore dell’edilizia e tutte ospitate in un grattacielo. Da anni nei rapporti della Dda di Milano compaiono i legami di affari tra Malaspina e uomini appartenenti alla ’ndrangheta. Mai è stata provata la sua appartenenza alla stessa organizzazione mafiosa. Malaspina i primi guai con la giustizia li ha a 19 anni quando partecipa all’omicidio di Giuseppe Zampaglione commesso a Muggiò nel 1972.
Quattro colpi d’arma da fuoco sparati alle spalle di Zampaglione per una confidenza ai carabinieri sulla rapina a una gioielleria che sarebbe stata compiuta da Giuseppe Malaspina e Carmelo d’Amico. Per l’uccisione di Zampaglione, nel 1976, la Corte d’Assise e d’Appello di Milano condanna Giuseppe Malaspina a 14 anni e 1 mese di reclusione.
Nel 1981, dopo indulto e riduzione della pena, a Malaspina viene concessa la libertà condizionale. Prima di tornare libero il Tribunale di Sassari gli infligge 4 mesi di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale e il 20 giugno dello stesso anno il Tribunale di Alessandria con sentenza irrevocabile lo condanna a 6 mesi per lesioni personali. Poi ha una nuova condanna per falso ideologico.
Nel 1987, insieme ai fratelli Antonio, Carlo e Santo, viene indagato per il sequestro di Massimo Oreste Villa, figlio di una nota azienda di Calcestruzzo, liberato in Aspromonte dopo il pagamento di 3 miliardi di euro. Mai venne provato il loro coinvolgimento con il rapimento, Grazie a quell’indagine però i carabinieri dimostrano i continui rapporti tra Giuseppe e Santo con gli uomini della cosca Iamonte che a Vimercate avevano un loro feudo.
Nel 2000 Santo Malaspina presenta un esposto contro Giuseppe per delle controversie nate al momento della liquidazione dall’impero economico che i fratelli avevano costruito. Fuggito in Albania, Santo fa delle dichiarazioni spontanee al consolato d’Italia a Valona.
Nella lettera che successivamente viene inviata a carabinieri, magistrati e Dda è scritto: «il fratello intendeva ucciderlo e a farlo avrebbero dovuto essere esponenti della criminalità albanese. Disporre di prove ed informazioni in ordine ad attività mafiose imputabili al fratello Giuseppe e d’essere pronto a collaborare con la Procura di Monza».
Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio del nuovo secolo nasce l’impero Malaspina. La Guardia di Finanza e la Dda iniziano a indagare su Giuseppe Malaspina partendo dalle società edili aperte tra il 1986 e il 2001: Della via Gramsci srl, Immobiliare Edil P. A. M. A, Sporting Club Brugherio, D’Adda Busca srl, Immobiliare Pisani, Oberdan Immobiliare, Immobiliare Milano srl, Edil Studio Casa Brianza srl, S. A. G. I. srl, Gimal e Silene. Altre se ne aggiungono dopo il 2001, fino ad arrivare a quota 38. In gran parte cancellate nel 2007.
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