Busetto, ultimo atto davanti alla Corte. I futili motivi al centro del processo
MESTRE. Monica Busetto il 17 ottobre non ci sarà in aula bunker a Mestre. Troppo penoso dover affrontare un’ulteriore fase del processo dopo che la Corte di Cassazione a fine aprile aveva annullato la sentenza di ergastolo nei suoi confronti per l’omicidio di Lida Taffi Pamio, rimandando il giudizio alla Corte d’Assise d’Appello (in diversa composizione rispetto a quella che a novembre 2016 la condannò alla pena massima) limitatamente all’aggravante dei futili motivi.
Ed è proprio su questa aggravante che si giocherà l’ultima battaglia di un delitto, e poi di un processo, che hanno riservato non pochi colpi di scena, tra cui appunto l’ergastolo con arresto in aula, dopo che in primo grado l’operatrice sociosanitaria era stata condannata a 24 anni e 6 mesi per omicidio volontario.
«Non c’è movente e quindi non possono esserci futili motivi», spiega l’avvocato Alessandro Doglioni, che con il collega Stefano Busetto stamattina darà battaglia dopo che il sostituto procuratore generale trarrà le proprie conclusioni.
Che il movente del delitto della pensionata, il 20 dicembre 2012 nel suo appartamento in viale Vespucci, non fosse certo lo dicono anche le motivazioni della Cassazione secondo cui le dichiarazioni di Susanna “Milly” Lazzarini possono ritenersi generalmente attendibili, ma non per quanto riguarda le motivazioni. La difesa di Busetto punta anche a far riconoscere le circostanze attenuanti generiche prevalenti all’imputata e quindi ottenere una drastica riduzione della pena. La parola ai due giudici togati e ai sei giudici popolari. In serata, salvo altri colpi di scena, la sentenza. —
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