Buranelle scomparse: scoperto il teste che ha indicato la “tomba”

È il pregiudicato Umberto Manfredi il “gola profonda” che ha detto alla polizia il luogo dove sarebbero sepolte Paola e Rosalia, le due donne scomparse nel 1991
Di Carlo Mion

CAVALLINO. Il pregiudicato barese Umberto Manfredi è il testimone che ha fatto riaprire il caso delle “buranelle” le due donne sparite nel nulla il 27 ottobre del 1991. È lui a raccontare alla polizia, dopo essere stato arrestato per sfruttamento della prostituzione, dove i due corpi sarebbero stati sepolti. Ed è sempre lui a spiegare agli stessi poliziotti che le due sarebbero state uccise da quattro uomini. A raccontare a Manfredi dove ci sono i resti delle “buranelle” e come sono state ammazzate è stato un altro pregiudicato legato ai quattro assassini. Ed è questo il vero testimone. Nella vicenda finisce anche un ex poliziotto del commissariato di Jesolo, Marco Padovan. Ispettore ora in forze alla polizia di frontiera dell’aeroporto Canova di Treviso. Proprio a lui Manfredi, che è un suo informatore, racconta della fine delle donne.

Rosalia Molin, 25 anni e Paola Costantini, 29enne, scompaiono dall'isola di Burano nel pomeriggio di domenica 27 ottobre 1991. Le due ragazze, zia e nipote, escono di casa assieme al fratello di Rosalia. I tre prendono il vaporetto diretto a Treporti, dove Nicola, fratello di Rosalia, si allontana diretto al lavoro in una pizzeria di Ca' Savio. Le due avevano deciso di andare a Jesolo al cinema, ma scoprono che la 126 di Rosalia, parcheggiata vicino al pontile ha i bulloni di una ruota svitati. Sul posto si materializza l'ex fidanzato di Rosalia, Nicola Alessandro, trentenne. Nicola si offre, dirà lui, di andare a casa a recuperare i bulloni delle ruote della sua vecchia auto per fissare la ruota della 126 di Rosalia. E così dice di aver fatto. Al suo ritorno, però, le ragazze sono scomparse. Da allora, di Rosalia e Paola si sono perse le tracce. L'unica traccia dopo tanti anni: nel 1997, la patente di guida di Paola Costantini viene ripescata nella laguna di Venezia.

Lo scorso anno viene riaperto il caso. Manfredi racconta alla polizia che le due donne sono state sepolte in un ex campeggio dove ora sorge un bar. Zia e nipote sarebbero state sequestrate da quattro uomini e condotte nel campeggio che si trova a Punta Sabbioni, poco distante dall’imbarcadero Actv di Treporti. Qui le cose sarebbero sfuggite di mano, Rosalia sarebbe stata uccisa da un colpo di pistola partito per errore, forse durante una violenza sessuale di gruppo. Colti dal panico, i quattro avrebbero deciso di liberarsi anche di Paola e di far sparire i corpi. La procura di Venezia ha riaperto il caso, anche dietro le insistente dei parenti di Rosalia e Paola, da sempre convinti che la scomparsa delle due nasconda in realtà un omicidio.

Quindi si arriva nel 2011 qando finiscono in carcere per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione con tanto di «pizzo» richiesto alle lucciole per l'occupazione dei marciapiedi e spaccio di droga, anche a minorenni minacciati se non pagavano i debiti: Umberto Manfredi, 43 anni, barese residente da vent'anni a Jesolo, ex genero del boss Silvano Maritan; Matteo Giacomel, (24) Jesolo; il rumeno Iulian Vaduva, 23 di Ponte di Piave e Amine Faouzi, marocchino di 25 anni residente a, Ad arrestare Manfredi sono gli agenti della Mobile di Venezia. Il malavitoso, ritenuto il capo del gruppo, in quel momento si trova in carcere perché arrestato l’anno prima per spaccio. La situazione con la giustizia per Manfredi si fa pesante e lui pensa di ottenere qualche beneficio collaborando con gli investigatori. Racconta di reati che ha commesso e che la polizia non ha ancora scoperto e parla appunto della vicenda delle due “buranelle”.

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