Buranelle, la verità dai reperti trovati

Sarà decisivo l’esame del dna per dare un nome all’assassino. L’ex fidanzato di Rosalia Molin indagato per duplice omicidio

VENEZIA. Nessuno ha ricevuto alcuna comunicazione ancora, né l’avvocato napoletano Roberto Continisio, che cura gli interessi dei parenti di Rosalia Molin e di Paola Costantini, le due buranelle sparite nel nulla il 27 ottobre di 23 anni fa a Treporti, né l’avvocato Igor Zornetta, difensore dell’allora fidanzato della prima Nicola Alessandro, ora 53enne. Eppure il procuratore aggiunto Carlo Nordio, che da allora coordina le indagini della Squadra Mobile, ha chiesto al giudice Giuliana Galasso di poter riaprire il fascicolo che da anni era finito in archivio. Un passaggio obbligato se si vuole riesumare quello che ormai va sotto il nome di cold case, prendendo la definizione da una famosa serie tv americana. Non era obbligatorio, ma dovuto, invece, l’atto che coinvolgerebbe Nicola Alessandro, per la prima volta iscritto sul registro per duplice omicidio volontario e occultamento di cadavere. Prima non lo era mai stato per questi gravi reati.

Dovuto perché il procuratore aggiunto si appresterebbe a far compiere degli esami irripetibili su alcuni reperti recuperati dagli investigatori, in questi anni di indagini. Si tratta di vecchi reperti sui quali il pm si accinge a far eseguire la ricerca del Dna. Non significativi, per ora, sarebbero i risultati delle ricerche compiute da esperti di archeologia forense, eseguite dove un tempo sorgeva un campeggio militare in zona Treporti, e dove qualcuno sostiene siano state sepolte le due donne dopo la sparizione e l’uccisione.

I reperti su cui si eseguirà l’esame del Dna, se hanno portato all’invio dell’avviso a Nicola Alessandro, riguarderebbero lui più che le due ragazze scomparse a 25 e 29 anni e di cui non si è mai più trovata traccia, se non la patente di Paola in laguna nel 1997. I reperti rintracciati non sono stati mostrati ai parenti delle due buranelle e, di conseguenza, non si dovrebbe trattare di vestiti o altro che a loro potevano appartenere. Gli strumenti non hanno trovato neppure tracce di corpi sepolti.

A dare nuovo impulso alle indagini sono state le rivelazioni di un pregiudicato che, per evitare condanne più pesanti, ha avviato una collaborazione con la Polizia. Si tratta dell’ex genero di Silvano Maritan avendone sposato la figlia: Umberto Manfredi ha raccontato che a riferirgli la vicenda sarebbe stato un altro pregiudicato collegato a quattro persone che avrebbero ucciso le due ragazze.

Manfredi racconta alla polizia che le due donne sarebbero state sepolte in un ex campeggio dove ora sorge un bar. Zia e nipote sarebbero state sequestrate da quattro uomini e condotte nel campeggio, poco distante dall’imbarcadero Actv di Treporti. Qui le cose sarebbero sfuggite di mano, Rosalia sarebbe stata uccisa con un colpo di pistola partito per errore, forse durante una violenza sessuale di gruppo. Colti dal panico, i quattro avrebbero deciso di liberarsi anche di Paola e di far sparire i corpi. La Procura comunque, ha riaperto il caso, anche dietro le insistenze dei parenti di Rosalia e Paola, da sempre convinti che la scomparsa delle due nascondesse un omicidio. Il procuratore aggiunto Nordio si è convinto a riprendere le ricerche, che quindi ripartono.

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