Bufera sulla privatizzazione del Casinò. Il Consiglio chiede garanzie
di Roberta De Rossi
VENEZIA. «Se davvero le prospettive del Casinò, sono di crescere negli incassi costantemente del 2,4-3,1 per cento l’anno da qui al 2043, al punto da prevedere l’assunzione di altri 30 dipendenti nel 2017, in aggiunta ai 574 attuali - come si legge nella relazione di Kpmg sulla base di dati forniti dalla stessa Casa da gioco - perché mai, allora, dovremmo vendere? Delle due l’una: o sono dati concreti e allora non si capisce perché cedere la gestione, oppure non lo sono e allora cade la consistenza finanziaria che giustifica l’operazione».
La domanda parte dalle fila del Pdl (Zuin e Locatelli), viene rilanciata da Fratelli d’Italia (Costalonga, che chiede le dimissioni dei vertici del casinò), annuisce il 5stelle Placella, si consolida nel consigliere del gruppo misto Funari, viene formulata pari pari dal consigliere pd Molina e ravviva la prima, lunga (tre ore) commissione sulla delibera di giunta per la privatizzazione trentennale della gestione del casinò di Venezia. Nelle mani dei consiglieri comunali, per la prima volta anche la sintesi dell’analisi sul valore della Casinò spa che il Comune ha affidato all’advisor. Kpmg - sulla base del piano economico finanziario predisposto dal committente - ha elaborato una proposta di cessione della gestione della casa da gioco allettante: una quota minima garantita di 140 milioni da incassare entro il 2013, più 44,8 milioni a copertura della situazione patrimoniale della Casinò Spa, un 10% sugli incassi (per non meno di 10 milioni l’anno) dal terzo anno e fino al 30mo, un 1% in più a partire dal 2020 sugli incassi eccedenti i 140 milioni. Il sindaco Orsoni - che mercoledì ha ottenuto il sostegno all’operazione dei capigruppo di maggioranza - tira dritto convinto davanti alle obiezioni che arrivano anche dall’Udc Venturini.
«L’argomento è ampiamente noto al Consiglio», ha detto Orsoni, «il quadro dei giochi d’azzardo è radicalmente cambiato negli ultimi 3 anni e dal monopolio di 4 città si è passati ad una sostanziale liberalizzazione. La vecchia gestione locale non regge più, per i costi altissimi rispetto alle sale giochi e ai giochi online. La soluzione non può che essere quella di mettere in rete la nostra casa da gioco con un sistema più ampio internazionale, per battere una concorrenza così spinta e mantenere una risorsa attrattiva per il turismo, importante economia della città». Orsoni fornisce i dati complessivi: al maxi canone di 184 milioni e alle percentuali sugli incassi si aggiungerebbero 6,8 milioni di euro l’anno per l’affitto di Ca’ Noghera e Ca’ Vendramin Calergi. Poi i risparmi: 8 milioni di euro l’anno Siae che oggi il Comune sottrae alla quota che gli versa la casa da gioco e poco meno di 600 mila euro l’anno di canone concessorio.
«Non è vero che svendiamo», ha replicato il sindaco, «il totale dell’operazione è di quasi 900 milioni. Ricaviamo cifre importanti per il bilancio. Vogliamo dare un futuro alla casa da gioco e vogliamo operare per assicurare risorse per gestire i servizi della città, che quest’operazione può contribuire a garantire in maniera determinante. Abbiamo fatto sforzi enormi per gestire in tempi difficili un bilancio che non era dei più virtuosi e che oggi è virtuosissimo, senza comprimere i servizi sociali, punto d’orgoglio della città». Sin qui il quadro. Il sindaco vorrebbe chiudere per metà settembre, ma il presidente della commissione Baratello ha già accolto le richieste dell’opposizione: sentire gli analisti di Kpmg, i vertici del Casinò sui dati in crescita prospettati sin dal secondo semestre 2013 a fronte di tre anni neri, il prefetto sulle autorizzazioni del ministero dell’Interno, revisori dei conti. Quanto alle prescrizioni del ministero per dare corso al nullaosta Orsoni ha ribatito - tra le proteste dell’opposizione e dello stesso Molina - che «le prescrizioni sono state sostanzialmente attuale».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia