“Bruti” ma belli Gli strani vincoli agli edifici della stazione
Mitia Chiarin
Alcuni vincoli nella bozza del Ptrc 2020 in discussione, tra le polemiche, in consiglio regionale hanno ragion d’essere. Come la tutela del sistema della Città giardino di Marghera, dichiarato sito di interesse nazionale dal Ministero dei Beni culturali. O le case dei ferrovieri, che si estendono in parallelo a via Piave. Altri lasciano interdetti. A sorpresa, perché tutti lo ritenevano cancellato dalla giunta regionale nel 2015, si ripropone il vincolo che impedirebbe l’abbattimento del palazzo Ex Poste di viale Stazione. Esempio di architettura brutalista. Filone architettonico nato nel 1954 in Regno Unito dal Béton Brut di Le Corbusier e che vede in Italia esempi noti come la Torre Velasca di Milano. A guardare il palazzo di Mestre la brutalità della materia non pare ammirevole: l’edificio perde pezzi, da tempo è transennato, e rischia, se non ci sarà l’abbattimento per la apposizione del vincolo, di azzoppare l’accordo di programma sulla stazione di Mestre fortemente voluto dal sindaco Brugnaro. Stessa cosa si può dire del fabbricato della stazione di Mestre, altro esempio di spazio pubblico non bello da vedere, e che dovrebbe ospitare una profonda riconversione con la stazione ponte verso Marghera.
I due edifici sono nell’elenco fatto uscire dal consiglio regionale dai consiglieri Pd Pigozzo e Zottis che chiedono di risolvere questi evidenti errori per la riconferma di vincoli che da cinque anni parevano cancellati. «La questione è vera e quegli errori vanno corretti. Il Ptrc ha avuto un percorso tanto lungo che non può non tenere conto dell’oggi, dei passi avanti fatti e di importanti accordi portati alla firma, come quello della stazione», evidenzia il delegato della Città metropolitana, Saverio Centenaro (Forza Italia) e consigliere di maggioranza a Venezia.
In consiglio regionale il Pd Fracasso, correlatore della legge, ha denunciato «la mancanza di valenza paesaggistica del Piano nonostante 11 anni di gestazione». E ha rincarato la dose: «Il PTRC fotografa un Veneto di quindici anni fa, che non c’è più, ma è costato alla collettività quasi cinque milioni di euro». Un intoppo per l’asse politico Brugnaro-Zaia da risolvere in fretta, evidentemente. Dal Comune non esce alcun commento ma pare che a Ca’ Farsetti si siano mossi visto che gli architetti che seguono il progetto di trasformazione dell’ex Poste, che oggi è di proprietà di Michael Kluge e deve diventare una delle due torri albergo da cento metri a fianco della stazione, parlano di «un errore evidente. Nei prossimi giorni avremo un confronto con il Comune», dicono, rassicuranti.
L’elenco della terraferma di edifici da vincolare nel Ptrc 2020 vede una lista lunga: ci sono l’attuale direzione del Vega (ex circolo ricreativo della Montecatini); la torre dell’acquedotto di Marghera; l’ex stazione di servizio del “Cubo”; le scuole Grimani e Visintini; la centrale elettrica Volpi dell’Enel; la chiesa di Sant’Antonio con il cinema Aurora; il quartiere della “Chiari e Forti” in via Fratelli Bandiera; chiese come San Pio X e Gesù Lavoratore. E ancora la sede dell’attuale ambulatorio Emergency a Marghera, 16 case di Mestre, costruite tra il 1926 e il 1928; altre dieci non datate e una palazzina di via Cappuccina realizzata nel 1950. Contro il tentativo di approvare il Ptrc prima della fine della legislatura tuonano anche Michele Boato (Ecoistituto) e Marco Zanetti (Venezia Cambia) che ricordano le oltre 2.400 osservazioni presentate da associazioni e comitati, tutte respinte, che miravano a bloccare grandi progetti come Veneto City e il Quadrante di Tessera. «Questo piano non va approvato: va ritirato e ridiscusso nella prossima legislatura», dicono. —
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