«Brugnaro, una censura inaccettabile»

Sgarbi e Daverio durissimi dopo lo stop alla mostra sulle grandi navi. Il sottosegretario ai Beni culturali: «Lesa la libertà»
Di Roberta De Rossi

«Bloccare la mostra di fotografie di Berengo Gardin sulle #grandinavi è un atto lesivo nei confronti dell’artista e della libertà di opinione». Così, ieri, ha twittato la sottosegretaria ai Beni culturali Ilaria Borletti. Con il suo rinvio a data da destinarsi alla mostra del grande fotografo a palazzo Ducale, il sindaco Luigi Brugnaro ha servito su un piatto d’argento la polemica dell’estate. Raccogliendo, peraltro, critiche anche da chi - come Vittorio Sgarbi - pure gli dichiara simpatia, ma che in questo caso non esita a parlare di «censura». «Ho letto di questa vicenda e mi è sembrata una cosa ben strana: Berengo Gardin è uno dei grandi fotografi italiani», commenta Vittorio Sgarbi, «eppoi i governanti devono capire che non c’è niente di peggio della censura per far parlare di una cosa, più della cosa stessa. La censura favorisce la mostra che - anche se non si vede - è come se si vedesse: se ne parla, se ne discute, si vedono le immagini sui giornali e alla tv ancor più che se fossero esposte. Comunque, la censura è sempre negativa». Sgarbi va anche oltre: «Se fossi soprintendente a Venezia la farei subito io, questa mostra. Ricordo che Palazzo Ducale è dello Stato, anche se gestito dal Comune - per una delle perversioni della burocrazia italiana - per cui la Soprintendenza può aprire le porte alle foto di Berengo Gardin anche domani. Dipendesse da me, lo farei subito».

Riassunto per chi si fosse perso le puntate precedenti: il 18 settembre a Palazzo Ducale si sarebbe dovuta inaugurare “Mostri di Venezia”, la mostra con gli scatti di Gianni Berengo Gardin sul passaggio delle grandi navi nel cuore della città. Fotografie già esposte a Milano e divenute la testimonianza artistica della protesta contro il transito dei transatlantici davanti San Marco. Bianco-e-nero dal grande impatto evocativo che peraltro anche con Giorgio Orsoni sindaco non avevano trovato spazio nelle sale dei musei civici, si disse già occupate. Poi il contratto firmato con la fondazione Muve, inviti e cataloghi già in stampa. Fino a pochi giorni fa, quando il sindaco Brugnaro ha dato lo stop, rinviando la mostra per aver modo di affiancare - ha spiegato - agli scatti di Berengo Gardin le tavole del progetto Tresse Est. Intervento - quello dello scavo del canale Vittorio Emanuele come nuova via d’accesso alla Marittima - sul quale il sindaco ha siglato un’alleanza con il porto, dopo la bocciatura su tutti i fronti dello scavo del Contorta, contrastato dallo stesso Brugnaro in campagna elettorale. Il sindaco - che ha tenuto per sé la delega alla Cultura - è intervenuto d’imperio: decide il sindaco «come organizzare l’offerta culturale in città in uno spazio pubblico, che è di tutti i cittadini ai quali devono essere proposte tutte le soluzioni», ha detto Brugnaro, «stiamo parlando di fotografia e dunque ci sono varie angolazioni dalle quali si può guardare la storia: c’è quella dell’artista e poi ci sono le altre proposte. Solo così ognuno può farsi la sua idea. La città, votandomi, ha votato un tipo di idea sulle grandi navi, che prevede la loro valorizzazione così come il fatto che non dovranno più passare per bacino San Marco». Berengo Gardin per tutta risposta ha tolto la firma ai cataloghi: «Se vogliono mostrare le tavole del nuovo canale facciano pure, ma separate, quello è un progetto tecnico, il mio è un racconto fotografico».

Sferzante giudizio del critico Philippe Daverio: «Se volevamo un esempio di non intelligenza politica, questo è magnifico: perché sul lavoro dell’arte e degli artisti non interveniva neanche Benito, solo Giuseppe quello russo con i baffi. La narrazione è necessaria al dibattito, ma non è interna al lavoro di un artista: non decide il sindaco cosa esporre, né imporre un allestimento all’artista. È una gaffe da avanspettacolo della politica: il sindaco è caduto in una trappola che lo rende quasi simpatico. Un ritorno alla politica di don Camillo e Peppone: totale inadeguatezza che fa tenerezza».

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