Broglio, il padre del satellite San Marco pezzo di storia (mestrina) dell’astronautica

A cinquant’anni dallo sbarco sulla Luna, la città riscopre l’ingegnere al quale sono stati dedicati un asteroide e una base  

il personaggio

L’anniversario dei 50 anni dello sbarco dell’uomo sulla luna ha legami, ignoti a molti, anche con Mestre e con il patrono di Venezia.

San Marco infatti è anche il nome di un progetto scientifico che segnò l’inizio dell’era spaziale italiana. E il merito va ad un professore, Luigi Broglio, piemontese di famiglia ma nato a Mestre nel novembre del 1911, considerato il padre dell’astronautica italiana. Purtroppo, come spesso accade per le storie e le vite di tanti illustri concittadini di terraferma, il contributo di Broglio rimane ancora oggi in secondo piano, in questi giorni di festeggiamenti per lo sbarco del primo uomo sulla luna il 20 luglio del 1969.

Piero e Alberto Angela, celebri divulgatori, nel loro speciale di domenica sui cinquant’anni dall’allunaggio hanno ricordato il professor Broglio.

E lo stesso aveva fatto poco tempo fa la rivista “Kaleidos”, il periodico dell’Università popolare di Mestre. Ospitando un testo di Tommaso Marchiori della Eie Group srl che ha raccontato il ruolo di Broglio nella marcia alla conquista dello spazio.

Broglio, ricorda Marchiori, fu il padre della prima base di lancio equatoriale del mondo e con il suo lavoro l’Italia divenne la terza nazione al mondo, dopo Unione Sovietica e Stati Uniti a lanciare in orbita un satellite artificiale.

Il progetto era il San Marco; programma di collaborazione bilaterale tra Italia e Stati Uniti nella ricerca scientifica e nella sperimentazione nello spazio, attuato tra il 1962 ed il 1980.

Il San Marco 1 venne lanciato il 15 dicembre 1964. Luigi Broglio, si legge nelle riviste specializzate, riuscì a coinvolgere il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e l’Aeronautica Militare Italiana nel progetto. Nell’articolo di Marchiori lo si vede a colloquio con John Glenn, il primo astronauta americano che girò attorno alla terra nel 1962.

Degli otto satelliti previsti, solo cinque vennero in realtà realizzati per lo spostamento delle risorse italiane su un altro progetto spaziale, il Sirio del 1968.

Il progetto San Marco rivive oggi nell’omonimo centro di ricerca attivato dal 1993 sotto la direzione dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

Fino alla sua morte, sopraggiunta nel 2001, il professor Broglio ha continuato ad occuparsi di spazio. Le sue spoglie si trovano nel cimitero del paese d’origine della sua famiglia, Borgofranco d’Ivrea, in Piemonte.

A lui è dedicato il Centro spaziale di Malindi, in Kenya, da dove sono stati lanciati vari satelliti di medio-piccole dimensioni, fino al 1988: la base, aperta nel 1966, è ancora operativa per il tracciamento ed il controllo dei satelliti dell’Agenzia Spaziale Europea, ma non viene più usata per lanci.

Nel 2001, dopo la morte, all’ingegnere è stata intitolata anche la Base di lancio palloni stratosferici dell’Agenzia spaziale italiana di Trapani.

«Broglio ci ha insegnato che la ricerca genera progresso, indispensabile anche per collocare l’Italia tra i grandi paesi della terra», ricorda Marchiori nel suo articolo per la rivista mestrina. Al professore e al progetto San Marco in questi anni la città non ha dedicato eventi e tanto meno una via o una piazza.

In compenso nello spazio c’è un asteroide che porta per sempre il suo nome. –

Mitia Chiarin

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