Boscolo Bielo, storia di un successo

Festa per i 40 anni di lavoro dell’imprenditore. Guidava il «burchio» a 14 anni
Di Alberto Vitucci

La sua era una famiglia di sabionanti. Anzi, sabioneri, come si chiamavano una volta. Corporazione «con Gastaldo» dal 1280. Il padre Angelo, il nonno Palmiro, classe 1903, spingevano i pesanti burchi colmi di sabbie del Piave e della Brenta per usi edili fino a Venezia. Lui, Ivano Boscolo «Bielo», detto «Boscoleto» da Sottomarina, ne ha ereditato la storia e le capacità imprenditoriali. Oggi è a capo di una delle più importanti aziende edili della provincia, con cantiere in rio della Scomenzera, lavori appalti e investimenti in aumento. 800 milioni di lire il fatturato del 1991; 8 milioni di euro oggi.

Ivano ha festeggiato in questi giorni i 40 anni di attività, 25 della nuova azienda che porta il suo nome. Dando alle stampe un volume autobiografico in cui sono raccolti aneddoti e storie della sua vita da imprenditore. «Quando se andava co el bailon», racconta citando le parole del nonno. El bailon era un grosso badile di tela di sacco con bordatura di metallo e un lungo manico, a bocca di balena. Serviva per caricare in barca la sabbia preziosa per l’edilizia e poi separarla dal fango. I sabionanti potevano capire dal rumore del legno la qualità della sabbia sul fondale, distinguevano le sabbie dal loro colore, più chiare sul Piave e il Brenta al grigio scuro di Adige, Sile, Bacchiglionene Po. Boscolo racconta con orgoglio delle sue origini «marinanti». Sottomarina, non Chioggia. Un altro mondo. Dove le donne avevano un ruolo maggiore nel lavoro, aiutavano in barca i mariti e i figli per le operazioni di carico. Ed eccellevano anche nello sport. Lo dimostra il ritratto settecentesco della prima donna regatante, Maria «Boscola».

Foto d’epoca dei burchi e dei lavoranti, immagini in bianco e nero di un lavoro durissimo e ormai scomparso che ai più illuminati portava ricchezza.

E la storia di Boscoleto. Ritratto da bambino in copertina in canottiera al lavoro sulla barca. Stesso sguardo furbo di oggi. A 14 anni guidava già da solo il burchio, senza patente ma con grande abilità, tra i canali della città storica. Poi è arrivato lo «Sparviero», tra le prime barche in ferro adibite nei primi anni Novanta allo scavo dei rii e al trasporto dei materiali in acqua.

Fino al grande successo, dopo la concessione della banchina della Scomenzera da parte dell’Autorità portuale, prima volta a un imprenditore privato, nel 1991. La presidenza della squadra di calcio Clodiense, la vicinanza al sindaco Cacciari. L’acquisto di una quota per rilanciare il Venezia Calcio in difficoltà, nel 2006.

«Cacciari mi aveva definito un imprenditore coraggioso, avevo investito 450 mila euro», ricorda Ivano, sposato e padre di due gemelle, Laura e Valentina, che lavorano con lui in azienda, «ma io non dormivo la notte». È la storia di un «uomo che si è fatto da sè». Una storia che piace molto al sindaco Luigi Brugnaro. «Un imprenditore metropolitano», scrive Brugnaro nella prefazione al libro, «grazie al coraggio e alla capacità ha costruito una delle più importanti realtà economiche lagunari e crede nei valori dello sport».

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