Borseggiatori sul vaporetto derubato don Fornezza

Ancora la linea 2 nel mirino: «Non mi sono accorto di niente: mi hanno tagliato i pantaloni e preso una busta con 380 euro che servivano a pagare le candele»

Non si è accorto di nulla e, anche a freddo, non rammenta particolari che lo avessero insospettito. L’incavolatura però rimane, anche se sempre limitata dalla veste che indossa e dal ruolo che riveste. Parliamo di monsignor Ettore Fornezza, delegato patriarcale di Torcello, vittima di un furto in vaporetto. Furto con destrezza, non c’è che dire.

È successo martedì, intorno alle 15.30, sulla linea 2. «Sono salito a San Marcuola, diretto a Piazzale Roma, questione di pochi minuti», racconta il monsignore. «Il vaporetto era strapieno e così, come tanti altri passeggeri, sono rimasto in piedi. Scendo, recupero l’auto e vado a Mestre. Arrivato a destinazione, incontro il mio segretario che mi guarda e mi chiede cosa sia successo ai miei pantaloni. Cado dalle nuvole, guardo e scopro un taglio di venti centimetri. E subito dopo mi accorgo che manca una busta che avevo in tasca e che conteneva 380 euro: erano i soldi che mi servivano per pagare la fattura delle candele da destinare a Torcello».

Il monsignore fa fatica a nascondere il disappunto: «Potrei anche denunciare l’Actv, ma più che altro mi interessa fare un appello all’azienda di trasporti perché cerchi di aumentare i controlli. So che i vaporetti sono spesso pieni e per un abile ladro o borseggiatore è facile derubare i passeggeri, però qualche controllo da parte dell’Actv in più non guasterebbe. Io veramente non mi sono accorto di nulla e spero che sia la prima e ultima volta che mi derubano, ma ci tenevo a far sentire la mia voce. Ci ho rimesso un bel po’ di soldi e un paio di pantaloni».

Continua dunque la piaga dei furti sui mezzi di trasporto. Martedì la Polizia locale è stata costretta ad abbordare un vaporetto, sempre della linea 2, per cercare di bloccare due borseggiatori, uno dei quali è però riuscito a fuggire.

Non è la prima volta che don Ettore Fornezza sale alla ribalta della cronaca. Nella prima metà degli anni Novanta, parroco a Marghera, era andato allo stadio Penzo per assistere alla partita Venezia-Cosenza (serie B) e incontrare padre Fedele, il frate tifosissimo della squadra calabrese, adorato dagli ultras, gemellati con i “colleghi” dell’Unione.

E anche la sua partenza da Marghera era stata circondata da clamore: si era infatti dimesso da responsabile della parrocchia di San Michele perché bersaglio di minacce da parte degli spacciatori. Si era infatti distinto in un’attività costante a favore dei giovani contro la droga, attirandosi dunque le ire di chi tirava le fila del mercato. Se n’era andato, accompagnato dalla solidarietà della gente e dal silenzio della Curia. Anche in quel caso c’era stato un furto: il materiale per una pesca benefica.

Giovanni Baschieri

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