Bordello in corso del Popolo ungherese patteggia 2 anni
Un mese fa era stata bloccata a due passi dalla stazione ferroviaria, ma non avrebbe potuto uscire di casa perché la trentenne ungherese H. Nikolet era agli arresti domiciliari. Così era stata portata nel carcere della Giudecca e ieri, difesa dall’avvocato Marco Borella, ha patteggiato la pena per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Il difensore si è accordato con il pubblico ministero Lucia D’Alessandro per una pena di due anni di reclusione e il giudice veneziano Andrea Comez ha sancito l’accordo con la sua sentenza.
I fatti risalgono al 30 gennaio scorso. Dopo indagini e accertamenti, i vigili urbani della Sezione della Polizia giudiziaria avevano arrestato la trentenne ungherese perché gestiva un bordello in pieno centro a Mestre, al civico 58 di Corso del Popolo (vicino all'angolo con via Paruta). Le era stato contestato subito sia il favoreggiamento sia lo sfruttamento della prostituzione. Non era finita nel carcere della Giudecca, ma le erano stati concessi subito gli arresti domiciliari a causa dei due figli piccoli, che avrebbero dovuti essere inseriti in un istituto perché non c'erano parenti ai quali affidarli in Italia: per questo il pubblico ministero Francesca Crupi aveva deciso per gli arresti in casa. Nell'appartamento dell'ungherese c'era un via vai notevole, visto che la donna gestiva quattro ragazze ed anche due transessuali, insomma c'era ampia scelta per i clienti paganti. Le cifre da versare per ottenere le grazie delle une o degli altri erano considerevoli e gli agenti della Polizia locale, dopo aver accertato l'attività che la giovane ungherese aveva avviato, l'avevano praticamente arrestata in flagrante. Avevano infatti atteso che uscisse dalla porta dell'appartamento un cliente, l'avevano aspettato sulle scale, quindi erano entrati e avevano sorpreso la maitresse ungherese che aveva appena incassato la cifra pattuita in anticipo. Sia le ragazze che vendevano il loro corpo sia i due transessuali provenivano dai paese dell'Est ed è la prima volta che anche questi ultimi, solitamente di origine sudamericana, provengono da nazioni europee. I vigili urbani avevano scoperto che la donna ungherese aveva i figli piccoli con sé: erano nell'appartamento trasformato in bordello. Oltre a dover affrontare il procedimento penale per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione questa circostanza aveva provocato l'intervento dei magistrati del Tribunale per i minori.
Pretendeva la metà degli incassi e quindici euro al giorno da ogni prostituta. La tenutaria ungherese processata ieri incassava ogni giorno grazie all'appartamento di Corso del Popolo una media di 2000 euro. Ne spendeva al mese, per la gestione, all'incirca tremila. L'appartamento rendeva. Tra i clienti anche liberi professionisti della zona: ingegneri, commercialisti e piccoli imprenditori. In casa erano in funzione ben sei utenze telefoniche che pubblicizzavano prestazioni su giornali e siti di annunci, promettendo "prestazioni preliminari al naturale".
Giorgio Cecchetti
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