Bonifiche, Mazzacurati punta ancora sulla demenza

Truffa da 100 milioni di soldi pubblici per il disinquinamento di Grado e Marano Il difensore dell’ex presidente del Cvn depositerà la perizia stilata per il Mose
La «grave demenza» certificata dal perito del tribunale di Venezia nell’ambito del processo Mose, dove era citato come testimone, potrebbe salvare Giovanni Mazzacurati nel procedimento che lo vede imputato a Roma con le accuse di falso e truffa ai danni dello Stato per le presunte bonifiche fantasma nella laguna di Grado e Marano, in Friuli. Per la Procura si tratta di un bluff costato 100 milioni al Ministero del Tesoro. Il difensore dell’ex dominus del Cvn, Giovanni Battista Muscari Tomaioli, presenterà al gup la documentazione che ha consentito a Mazzacurati di non testimoniare in aula in virtù della certificata demenza in stato avanzato. Una patologia che, aveva spiegato il medico legale e psichiatra forense Carlo Schenardi incaricato dal tribunale, «pone Mazzacurati in condizioni di inidoneità fisica e mentale. Non è in grado di ricordare i fatti, di esprimere risposte consapevoli, di presenziare al processo». «Il tribunale di Roma non ha mai affrontato la posizione di Mazzacurati e quindi ignora questa documentazione. L’ingegnere non è in grado di stare a giudizio», chiarisce l’avvocato Muscari Tomaioli ricordando come la norma entrata in vigore ad agosto che ha riformato l’istituto processuale sulla capacità di stare in giudizio impone al giudice, in assenza di questa capacità, di pronunciare sentenza di proscioglimento.


Oggi si inizia.
La prima udienza preliminare del maxi procedimento con venti imputati è fissata oggi a Roma. Si verificheranno le questioni preliminari. Il difensore di Mazzacurati è pronto a presentare la documentazione per far uscire dal processo l’ex presidente del Cvn prima che il procedimento abbia inizio.


Gli indagati.
Secondo la Procura capitolina, che ha ereditato l’inchiesta da Udine, Mazzacurati sarebbe stato coinvolto nella cricca delle bonifiche diretta da Gianfranco Mascazzini, dg del Ministero dell’Ambiente dagli anni Novanta al 2009, quindi presidente del Comitato tecnico-scientifico del Commissario delegato per l’emergenza della laguna di Grado e Marano e consulente della “Sogesid”, società
in house
del Ministero dell’Ambiente. Nel mirino della Procura, oltre a Mascazzini e Mazzacurati (come presidente del cda di Tethis), gli ex commissari delegati Paolo Ciani, Gianfranco Moretton e Gianni Menchini, e vari funzionari e dipendenti dell’Icram, Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare. Chiesto il processo anche per Maria Teresa Brotto, braccio destro di Mazzacurati e ad di Thetis, arrestata a giugno 2014 nella retata Mose e uscita patteggiando due anni.


L’inchiesta.
Secondo l’accusa, lo stato di emergenza prolungato dal 2002 al 2012 nel sito di interesse nazionale della laguna di Grado e Marano avrebbe permesso di ottenere 100 milioni di fondi pubblici. Soldi ufficialmente stanziati per bonificare il sito che «veniva indicato come presuntivamente inquinato sulla base di ipotesi scientifiche infondate, ma per anni coltivate con l’avvallo dell’Icram», si legge nelle carte della Procura che ricostruisce come l’inquinamento da mercurio provocato dallo stabilimento chimico Caffaro di Torviscosa fosse circoscritto a un’area e ciononostante fosse diventato un problema così vasto da richiedere l’istituzione di una struttura commissariale. Per gli inquirenti, il denaro serviva «per alimentare e mantenere l’apparato organizzativo della direzione generale del Ministero, dell’Icram e della struttura del Commissario creata in realtà per dispensare lauti stipendi e godere dei poteri in deroga concessi al Commissario». Nel meccanismo, anche le aziende pagate per «opere inutili o mai realizzate». Tra queste, Tethis e Studio Altieri (impegnato nel Mose) che per 1,3 milioni ottennero, tramite il Mav, la progettazione e realizzazione delle casse di colmata a Lignano, Grado e San Giorgio. Il piano operativo e finanziario predisposto da Thetis sarebbe «documento fasullo» e il supporto tecnico dello Studio Altieri nullo. Per la Procura «A Thetis e Altieri erano stati liquidati compensi al solo scopo di finanziare le società».


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