«Bonifiche, bene il commissario ma dialoghi con le parti sociali»
MARGHERA. «L’arrivo di un commissario per le bonifiche è fondamentale. A patto che sia una persona competente e abbia il mandato per dialogare con la comunità», dice Gianfranco Bettin, ex assessore all’Ambiente e presidente della Municipalità di Marghera, di cui conosce bene problemi e pastoie che ne hanno rallentato i percorsi di bonifica e riconversione. «La partecipazione non è un impaccio come pensa qualcuno», è il suo punto di vista, «ma il modo più efficace per trovare, in fretta, le soluzioni».
Bettin, l’accordo tra ministero dell’Ambiente e Comune prevede 72 milioni per completare la “barriera” di palancole per evitare che finiscano in laguna le acque di falda contaminate.
«E’ un passo avanti fondamentale per completare un intervento che è preliminare a quello delle bonifiche vere e proprie anche se probabilmente questo finanziamento non basterà per completare i circa 3 - 3,5 chilometri del perimetro che mancano all’appello».
L’intesa prevede la nomina di un commissario per le bonifiche. Ritiene che sarà utile?
«Il commissario può essere molto utile, insieme alla semplificazione delle procedure e delle norme, a patto che rispetti due caratteristiche. Sia qualcuno che conosce il territorio, e abbia il mandato per dialogare con la comunità locale: le imprese, i residenti, i sindacati, tutte le forze sociali. Il confronto permette, con i poteri speciali del commissario, scelte veloci e condivise».
Ma non si rischia, con questo confronto continuo, di perdere ulteriore tempo? A Marghera se ne è già perso abbastanza.
«Al contrario. Non si può, con il pretesto del decisionismo, saltare il rapporto con le forze sociali e con la comunità locale, come hanno fatto fino a oggi Comune e governo, e come hanno denunciato anche le organizzazioni sindacali. Non è una questione di “ideologia della partecipazione”, ma di efficacia. Prendiamo l’esempio dell’accordo sul Vallone Moranzani».
Un’esperienza positiva?
«Certo, perché il commissario Roberto Casarin e il suo staff avevano un mandato preciso e si sono sempre confrontati con il territorio, e infatti si è arrivati presto a una soluzione, che ha visto anche i residenti, attraverso un referendum, esprimersi a larga maggioranza a favore dell’accordo che, ricordo, prevede tra l’altro, con i fanghi degli scavi dei canali ripuliti dagli inquinanti, la realizzazione di un parco pubblico, da Malcontenta verso Fusina, oltre allo spostamento della Petroli San Marco. La premessa per poterlo realizzare è l’interramento dell’elettrodotto dell’Enel».
Il percorso del Vallone Moranzani però si è incagliato, perché?
«Si è fermato a causa dell’inchiesta Mose, che ha decapitato i vertici delle istituzioni regionale e locale non perché ci fossero divergenze di vedute sul progetto e sugli interventi».
L’accordo firmato martedì ribadisce l’importanza dell’accordo Moranzani, confermando l’interramento dell’elettrodotto.
«Questo è un passaggio fondamentale perché l’ultimo progetto presentato da Terna, quando ormai tutto era stato deciso e condiviso, prevedeva solo un interramento parziale, senza risolvere il problema dell’inquinamento elettromagnetico, e limitando sia la discarica che il futuro parco (oltre a gravarlo, appunto, di emissioni elettriche). L’accordo prevede anche che l’interramento della linea debba essere “tecnicamente scindibile” dall’intero progetto della linea Fusina-Dolo-Camin, e quindi adesso Terna non ha più scuse per opporsi».
Intanto però i soldi previsti per il Vallone, 20 milioni, sono stati stornati dall’accordo e destinati dalla Regione per risanare i conti di Sifa. Rischia di saltare tutto?
«Rischia, se non si rilancia il meccanismo di conferimento di fanghi e terre di scavo che finanzia tutto il progetto: ma è del tutto possibile, nel nuovo quadro che si sta creando, farlo ripartire. Stornare quei fondi, da parte della Regione è stato un arbitrio e un errore, ma vi si può porre rimedio, anzi si deve. Questo territorio martoriato ne ha diritto».
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