Blocco agricolo russo le aziende ora licenziano

Alla “Gambaro” di Noale da domani saranno lasciati a casa i primi due dipendenti La titolare: «Situazione drammatica per tutto il comparto e Bruxelles non aiuta»
Di Alessandro Ragazzo

NOALE. Lo aveva anticipato dieci giorni fa Barbara Gambaro dell’omonima azienda agricola di Noale: «Se non si risolve la crisi russa e non si trova una soluzione all’embargo iniziato a inizio agosto sui prodotti dell’Unione europea, dovrò lasciare a casa i venti stagionali».

Detto fatto e da domani due persone non si recheranno più al lavoro. A cascata, altrettante finiranno nelle prossime settimane, altri quattro a ottobre e il resto per fine dicembre. Dovesse andare avanti così, ai Gambaro resterebbero solo i venti fissi, che in questi giorni sono in ferie forzate.

I primi effetti dei rapporti tra Mosca e Bruxelles, e sullo sfondo gli Stati Uniti, iniziano a farsi sentire. L’azienda di via Brugnole, che in Russia esporta lattuga, rucola, valeriana e spinaci, ha deciso di prendere di petto la questione facendosi portavoce dei timori delle centinaia di imprenditori, chiedendo l’intervento del presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato e del ministro per l’Agricoltura Maurizio Martina.

Sono molte le aziende che lavorano con il paese di Vladimir Putin; la sola Gambaro riempie tre camion la settimana in estate e arriva anche a dieci tra ottobre e giugno. Il fatturato russo è il 40 per cento di quello complessivo e in quattro settimane è calato di 140 mila euro. Se il blocco dovesse proseguire nel prossimo quadrimestre rischia un mezzo tracollo. Ma non è finita perché, beffa delle beffe, non potrà accedere ai fondi di risarcimento stanziati da Bruxelles, 125 milioni di euro totale.

«Avevo detto come stavano le cose nei giorni scorsi» spiega Gambaro «e a due persone non potrà rinnovare il contratto di lavoro in scadenza il 31 agosto. Purtroppo dovrò fare altrettanto con i loro colleghi. Se la crisi russa dovesse continuare a lungo, dovrò guardare anche ad altri mercati, vedi Inghilterra, Germania, Francia, Norvegia e Finlandia. Da inizio agosto ho già perso una buona fetta di guadagno svendendo altrove i prodotti già pronti per la Russia». La Gambaro lavora su 9 ettari in serra e per il futuro vorrebbe fare degli investimenti ma il progetto resta, almeno per ora, nei cassetti. «Vorremmo aumentare la superficie dei capannoni» prosegue Barbara Gambaro «e si può accedere a dei bandi per i finanziamenti. Ma di questo passo, non se ne parla prima del 2016. Nel frattempo, noi resteremmo fermi così come le altre ditte agricole».

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