«Bloccati nell’ascensore dell’ospedale per mezz’ora»

MIRANO. Bloccati nell’ascensore dell’ospedale per oltre mezz’ora, con il caldo asfissiante e senz’aria: quando vengono liberati passano in Pronto soccorso per un controllo e si vedono presentare il ticket da pagare. Situazione surreale all’ospedale civile di Mirano. Per l’Asl 13 è «tutto nella regola, è stata applicata la normativa vigente».
Protagoniste dell’incredibile vicenda sei persone, madre e padre con i due figlioletti di 10 e 11 anni e due amici della coppia, arrivati in ospedale lunedì sera per visitare la madre di lei, ricoverata in Neurologia. Sono circa le 20.20 quando i sei salgono sull’ascensore del nuovo reparto del monoblocco De Carlo 2. È la struttura più moderna dell’ospedale, nella nuova ala ovest del nosocomio. Una volta all’interno dell’ascensore i malcapitati premono il pulsante del piano da raggiungere, le porte si chiudono, l’elevatore si muove, ma dopo pochi secondi si blocca. Per i sei occupanti inizia una vera odissea: «I più agitati erano i bambini», racconta la donna, 48 anni di Mirano, «è stato difficile tenerli calmi, anche io ho cominciato ad avere cali di pressione. C’era un numero per le emergenze affisso alle pareti dell’ascensore, ma mi domando a cosa serva se dentro quella scatola di metallo il cellulare non prende. Abbiamo premuto alcune volte il campanello di chiamata e dopo qualche tentativo ci hanno risposto, dicendoci che la segnalazione era stata recepita ed erano state attivate le procedure di intervento».
I minuti all’interno dell’ascensore, però, con sei persone, aria rarefatta e un caldo insopportabile, sembrano non passare mai. «Non so quanto tempo avremmo aspettato», continua la donna, «so solo che sono stati istanti interminabili. Ho mangiato alcune caramelle perchè stavo avendo dei cali di zuccheri, mi sentivo mancare. Mio marito ha cercato perfino di forzare la porta per liberarci, ma inutilmente. Dovevamo mantenere la calma, sapevo che agitarsi avrebbe peggiorato le cose e soprattutto dovevo rimanere lucida per trasmettere sicurezza ai bambini». Poi, finalmente il personale tecnico riesce a liberare la famiglia. Le porte si aprono, ma l’odissea non è ancora finita. «I bambini erano visibilmente agitati, non si calmavano. Mio figlio era sudato, accusava dei malori, anche la bambina non si sentiva bene, per cui abbiamo pensato che fosse meglio passare in Pronto soccorso per un controllo».
Qui la beffa: in accettazione i genitori si vedono presentare un ticket per la visita pediatrica, che essendo classificata come “codice bianco”, quello di non criticità, prevede il pagamento. Il padre chiede spiegazioni, gli infermieri del “triage” rispondono affermando che il pagamento è dovuto per legge.
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