Biotestamento, «Approvate la norma, a chiederlo è la gente. È il regalo di Eluana»

UDINE. Non ha mai perso la speranza Beppino Englaro. Ha attraversato oltre un quarto di secolo per far prevalere diritti fondamentali, come quello di sua figlia Eluana a decidere di sè. Non ha mai vacillato. E non perdere la speranza nemmeno oggi, convinto che il Parlamento varerà una legge sul fine vita.
«Va fatta perché l’opinione pubblica lo vuole e quindi il Parlamento non ha altra possibilità. È questo il prima e il dopo Eluana», dice Beppino. Il carnico. Oggi saranno trascorsi otto anni dalla morte di sua figlia, che si è spenta a Udine, a La Quiete, circondata da clamore e polemiche.
Alle 19.35 del 9 febbraio 2009 Amato De Monte, l’anestesista a capo dell’équipe che seguì Eluana negli ultimi giorni, telefonò a Englaro: «E je lade Bepino, tu le as liberade», «Se n’è andata Beppino, l’hai liberata». Una conquista, la libertà, alla quale Englaro e la moglie Saturna sono arrivati dopo 17 anni e 22 giorni. Anche Saturna non c’è più, scomparsa all’inizio del dicembre 2015. «Mia moglie si è consumata a star vicino a sua figlia per fare tutto ciò che andava fatto. Io mi sarei distrutto se non l’avessi fatto», dice Englaro. Che continua a battersi per il diritto di ciascuno a scegliere per sè.
Dopo otto anni, e molte promesse dai partiti, non c’è ancora una legge sul biotestamento. Ci sarà mai?
«Sì, non perdo la speranza. Prima o poi andrà fatta, perché l’opinione pubblica la vuole e quindi il Parlamento deve farla, anche se ha già dimostrato di non avere la volontà e la capacità di affrontare il tema del fine vita. Oggi però l’impostazione data da Donata Lenzi è veramente valida, basta che in Aula non la stravolgano, che non tolgano i punti chiave, come la possibilità di interrompere l’alimentazione e l’idratazione artificiali e il fatto che l’ultima parola spetta sempre alla persona, non al medico. Il dopo Eluana è il dovere di fare una legge che riconosca libertà e diritti fondamentali, semplice e chiara. Il Parlamento non ha alternative».
Nel suo lungo percorso per Eluana, cosa ha temuto di più?
«Il deserto che mi sono trovato davanti, il fatto che non capissero una cosa così semplice e banale, che pensassero che il problema fosse mio. Eluana era una creatura straordinaria. Era una ragazza forte e determinata con le idee chiare sulla vita e sulla morte. Il suo «no grazie, lasciate che la morte accada», per noi era chiarissimo. E invece chi si opponeva se avesse potuto mi avrebbe distrutto».
Che cosa le ha dato la forza di non fermarsi?
«Il fatto che per noi il convincimento di nostra figlia era limpido e banale, la forza mi veniva da Eluana. È sempre stata trattata da persona libera e responsabile, non aveva il tabù di assumersi le proprie responsabilità, così come la sua famiglia. Che qualcuno potesse disporre della nostra salute e della nostra vita, per noi era inconcepibile. Non esiste. E invece loro mi dicevano: «È così perché è così». Ma come? All’asilo ti dicevano è così perché è così. Per noi il rispetto delle altre posizione sarebbe stato istantaneo».
Hai mai perso la speranza?
«Mai. Era per noi una vicenda troppo cristallina, negare una libertà e un diritto del genere mi sembrava follia umana pura. Mia moglie si è consumata a star vicino a sua figlia per fare tutto ciò che andava fatto, io mi sarei distrutto se non l’avessi fatto. Meno di chiedere niente, di quel «No grazie, lascia che la morte accada», cosa deve fare una persona? Non è colpa nostra se eravamo così avanti nel gennaio del 1992, non potevamo rinnegare d’essere ciò che eravamo».
Negli ultimi mesi di Eluana qualcuno chiedeva perché la vostra volontà di staccare la spina non venisse realizzata a casa o magari all’estero. Perché?
«Una volta dissi che l’avrei portata a casa e mi arrivarono esposti, denunce, querele, solo perché l’avevo ipotizzato. No, abbiamo scelto la posizione pubblica, alla luce del sole. Perché la vera libertà è solo nella legalità dentro la società. Non esiste il “fai da te” per far rispettare un tuo diritto. Tutto è avvenuto nella legalità e dentro la società, alla luce del sole. Il regalo di Eluana, il più grande, è che oggi si può rivendicare il diritto fondamentale di disporre della propria vita, libertà che nessuno può toccare».
Sente spesso i suoi amici friulani, quelli che l’hanno aiutata a far rispettare la volontà di Eluana?
«Sempre. Sono legatissimo al Friuli e lo sarò fino alla fine del miei giorni, nessuno potrà mai scalfire questo rapporto. Perché, sì, io ho fatto la mia parte, ma senza di loro non ce l’avrei mai fatta. Mi hanno capito e mi sono stati vicinissimi».
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