Bergamo: «Test anti-droga volontario: i gondolieri siano trasparenti»
VENEZIA. «Un incidente inspiegabile, una distrazione impensabile, spesso il motivo è uno: cocaina. Gondoliere positivo al test». Firmato: Roberto Saviano. Un post su Facebook dello scrittore che, ieri, ha scatenato centinaia di commenti: a maggioranza di critica a Saviano. «Ma che cazzata. È il vaporetto che gli è andato addosso perché ha sbagliato manovra. Strafatto o no, ci poteva fare ben poco...», «fai pubblicità al tuo libro», «meglio dare la colpa solo al povero gondoliere, costa meno che mettersi a cercare una soluzione al problema del traffico», «Saviano se ti fai una botta spesso sei più lucido, lì il bordello è il traffico nel canale (...) anche se non pippare a lavoro è meglio, non implica che io giovedì sono sballato se ho pippato lunedì».
Commenti che danno il clima di un sentire diffuso: quello stesso che in questi anni ha impedito che il test sull’abuso di alcol e droga venisse introdotto a Venezia anche tra i titolari di licenze pubbliche per il trasporto persone, gondolieri (è la polemica di giorno)e taxisti, essendo obbligatorio(per legge) per i dipendenti delle aziende, ma non per i liberi professionisti. Ma la notizia che ha fatto il giro del mondo, della positività del gondoliere Stefano Pizzaggia per coca e hashish - anche se l’inchiesta dovrà chiarire se abbia o meno inciso sull’incidente - riporta prepotentemente di attualità la questione. E l’assessore alla Mobilità Bergamo promette - dopo aver assicurato per domani un piano in 20 punti per affrontare il traffico in Canal Grande - di premere l’acceleratore anche su questo punto.
«Dovrebbe essere un interesse della categoria sottoporsi volontariamente al test, per uscire a testa alta dalla deprecabile situazione nella quale l'ha cacciata il comportamento di singoli, che continuo a sperare isolati», commenta Bergamo, «il test dovrebbero farlo tutte le categorie che si occupano del trasporto delle persone, come i tassisti. Purtroppo se il codice della strada prevede che in caso di rifiuto di sottoporsi ad un test invasivo come quello del sangue, si proceda penalmente come se la persona fosse risultata positiva, nella navigazione non esistono norme in tal senso e nessuno può essere forzato. Lunedì ho già appuntamento con l’Avvocatura civica per avere un parere legale sulla possibilità di poter mettere mano al regolamento comunale in tal senso. Il margine è stretto, ma confido nella disponibilità dei gondolieri di voler essere trasparenti». Butta là l’assessore, giocando la carta del chi non ha niente da nascondere non si opponga. Una proposta che il vicepresidente dei gondolieri Luciano Pelliccioli ha lanciato, invano, da anni tra i suoi: troppi inalberano il vessillo della privacy. «Io il test lo farei anche domani, ne chiedo l’obbligo dal ‘99: purtroppo - in mancanza di una legge - mi sono trovato sempre davanti l’opposizione di molti, troppi colleghi», racconta, «l’anacronismo di una norma che distingue tra strada e navigazione lede tutti. È giusto che chi ha la responsabilità su altre persone, si sottoponga ai controlli, forse ancor più noi che siamo con il remo il “motore” della barca. Sarebbe facilissimo: oggi la visita è biennale, facciamola annuale con test obbligatorio e poi a campione durante l’anno. Mi fa molto arrabbiare quest’opposizione interna, anche se è ingiusto generalizzare, riversando su tutta una categoria storica le colpe di pochi: è anche ora che tuteliamo legalmente l’immagine della categoria». Sconvolto, il presidente Aldo Reato evita commenti e invita solo a non generalizzare. Ma la strada per il test obbligatorio sembra in salita. «Ci aveva provato l’allora sindaco commissario straordinario al moto ondoso Paolo Costa», ricorda l’avvocato civico Giulio Gidoni, «ma era finito in un niente: serve una legge che preveda anche e soprattutto sanzioni in caso di positività, come la revoca della licenza. Allora, persone qualificate all’interno delle categorie avevano “sotto stimato” in un 15% i possibili abusi. Si può provare ad agire sul regolamento comunale, ma il rischio di impugnarlo al Tar è alto, in assenza di una legge». Certo che chi la impugnasse, dovrebbe assumersi l’onere di dire perché.
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