Bergamo ammette solo i furti di gasolio

Ma nega di aver spedito le lettere “esplosive” ai dirigenti Petroven. Pestaggio, l’ex pugile: «Non ero a Quarto quel giorno»
Di Giorgio Cecchetti
Presentazione dell'operazione 'Cane Nero' che ha portato all'arresto di alcuni lavoratori della Petroven di Marghera per furto di gasolio, presso la questura di Venezia
Presentazione dell'operazione 'Cane Nero' che ha portato all'arresto di alcuni lavoratori della Petroven di Marghera per furto di gasolio, presso la questura di Venezia

Confessa, ammette il 47enne mestrino Marco Bergamo. Non solo: al giudice di Verona, che ieri mattina lo ha interrogato alla presenza dei suoi difensori, gli avvocati Luca Pavanetto e Rosa Parenti, per conto del magistrato veneziano che ha firmato le ordinanze di custodia cautelare, ha raccontato che, lo scorso anno, quando è stato licenziato assieme agli altri, sarebbe stata una vera e propria liberazione per lui. «Non ne potevo più, se non mi licenziavano me ne sarei andato» avrebbe affermato. Ha sostenuto che proprio perché non vedeva l’ora di lasciare la «Petroven» non ha impugnato il licenziamento davanti al giudice del lavoro, mentre gli altri licenziati lo hanno fatto, tanto che proprio in questi giorni hanno in corso la causa. Il pubblico ministero Paola Tonini, che ha coordinato le indagini della Digos, lo accusa di una ventina di furti, ogni volta migliaia di litri, addirittura quarantamila, un’intera autobotte. Con lui devono rispondere dei furti il camionista che guidava il mezzo e di volta in volta altri dipendenti della «Petroven», Francesco Bonaldo, Ilario Semenzato o Giorgio Niero. Bergamo ha ammesso tutto, confermando anche le accuse mosse dagli inquirenti nei confronti dei colleghi.

Ha invece negato decisamente di essere stato l’autore delle lettere all’esplosivo spedite nel gennaio 2011ai tre dirigenti dell’azienda, Claudio Pepe, Antonio Lenti e Giuseppe Russo.

E sono proprio queste lettere ad aver fatto scattare le indagini che hanno poi portato a scoprire i furti. Ma Bergamo nega di esserne stato l’autore, sostiene di averne sentito parlare, di aver ritenuto che erano sì partite dall’interno per contestare il licenziamento di un dipendente. Stando al capo d’imputazione, a costruirle e a spedirle sarebbe stato lui assieme al sindacalista Bonaldo, che è agli arresti domiciliari e che verrà interrogato dal giudice veneziano Roberta Marchiori lunedì. Ancora non si conosce quale sarà la linea difensiva di Bonaldo, ma se confessasse potrebbe smentire l’ex collega. Intanto, gli avvocati Parenti e Pavanetto hanno chiesto gli arresti domiciliari per Bergamo

E’ stato interrogato anche l’ex pugile mestrino Francesco Gheno, rinchiuso nel carcere doi Belluno. A sentirlo, sempre per rogatoria, il giudice di quella città alla presenza del suo difensore, l’avvocato Gianmaria Daminato. E’ accusato di rapina, lesioni e violenza privata per aver picchiato un camionista sospettato di aver raccontato dei furti di gasolio alla «Petroven», una spedizione punitiva compiuta per conto di alcuni autostrasportatori autori dei furti. Gheno ha decisamente negato, sostenendo che il 7 febbraio, all’ora dell’aggressione, lui non si trovava a Quarto d’Altino. «Riusciremo a dimostrare che si trovava da un’altra parte» sostiene l’avvocato Daminato.

Domani il giudice veneziano sentirà i sei indagati, di cui cinque agli arresti domiciliari, a cominciare dall'ex rappresentante sindacale Bonaldo di Salzano, e l'unico ad essere stato raggiunto dal provvedimento dell'obbligo di dimora nel comune di Venezia, Maurizio Danesin di Chirignago. Poi la parola passerà al Tribunale del riesame al quale ricorreranno sicuramente gli indagati.

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